GRADOLI - Chi scrive ricorda bene quel giorno. Era il 30 maggio 2009. Ore 20,30 circa. All’epoca, nelle redazioni di giornale si facevano i cosiddetti “giri di nera”, più volte nel corso della giornata. Tradotto, molto più semplicemente, equivaleva a contattare telefonicamente tutte le fonti, ufficiali e non, per sapere se ci fossero in giro novità e non “bucare” notizie. Quella sera, dalla Compagnia dei carabinieri di Tuscania (competente sul territorio di Gradoli) viene segnalata la sparizione di due donne moldave. Mamma e figlia. «Probabilmente si tratta di un allontanamento volontario. Al massimo domani saranno tornate a casa». Sebbene giornalisticamente non fosse una notizia eclatante, dopo un breve confronto con il direttore, decidiamo di inserirla nella pagina di cronaca: poche battute in un box. Giustappunto per non bucare la notizia, l’incubo di ogni cronista. Del presunto “allontanamento volontario”, sulle prime, se ne parla poco a dirla tutta ma, con il passare dei giorni, si intuisce che gli investigatori stanno battendo un’altra pista. Quella del duplice omicidio: Tatiana Ceoban e la figlia Elena (13 anni) non possono essere sparite nel nulla. Paolo Esposito ha il fiato sul collo e viene ripetutamente sentito dai carabinieri della Compagnia di Viterbo, cui la Procura aveva intanto affidato le indagini. Gli inquirenti, nel frattempo, hanno già in mano i tabulati telefonici che testimoniano le centinaia e centinaia di messaggi che erano soliti scambiarsi il buon elettricista di Gradoli ed Ala Ceoban, sorella di Tatiana. «I due erano amanti e volevano vivere la loro storia d’amore alla luce del sole». Il quadro accusatorio è chiaro, ma il pool inquirente aspetta il passo falso. Che, in realtà, non arriva. Nel mese di giugno, mentre i Ris rilevano tracce ematiche nella villetta in località Cannicelle, nel corso di due distinti sopralluoghi (l’11 il primo, il 23 il secondo), Esposito prosegue la sua solita vita con la figlia avuta da Tatiana (Erika, 7 anni all’epoca) e, assistito dagli avvocati Enrico Valentini e Paolo Rosati, concede interviste ai cronisti. E persino un pranzo, avvenuto al ristorante La Felicetta in un caldissimo pomeriggio di giugno. Esposito ed Ala sono sereni, chiacchierano, raccontano di Tatiana ed Elena, si chiedono dove possano essere finite. Affermano che non avevano mai manifestato l’intenzione di andarsene. Si mostrano gentili e cortesi: hanno tutto, fuorché l’aspetto di due assassini. Eppure, all’indomani - sono le 7,30 del 1° luglio 2009 - scatta l’arresto per il primo. Il 5 agosto per la seconda, Ala. L’accusa, per entrambi, è duplice omicidio e occultamento di cadavere. Cadaveri che, a dispetto delle numerose battute nelle campagne del posto degli uomini dell’Arma, supportate anche da unità cinofile, non verranno mai trovati. Da lì, il procedimento giudiziario, che ha portato nel Palazzo di giustizia viterbese i periti più noti del panorama forense italiano, oltre che le troupes di tv nazionali. Nel maggio 2011 la sentenza, che condanna i due amanti diabolici all’ergastolo. Pena confermata in appello, due anni e mezzo più tardi. Nel febbraio 2014, l’ultimo verdetto della Cassazione: carcere a vita per Esposito (oggi 55enne), che sta tuttora scontando nel carcere Mammagialla; mentre Ala viene condannata a 8 anni per favoreggiamento. La 39enne è stata rimpatriata nel suo paese d’origine, la Moldavia, il 20 giugno 2018. Entrambi si sono sempre dichiarati innocenti.

Ospite di Franca Leosini, nella trasmissione “Storie Maledette” su Rai3, il 25 marzo 2018, alla domanda della conduttrice: «Ma Tatiana ed Elena, che fine hanno fatto?», Esposito risponde: «Me lo domando anche io. L’idea che mi sono fatto è che siano scomparse, ma nessuno le ha cercate, né le sta cercando». Al di là della solidità del quadro accusatorio, forte della conferma della pena in tre gradi di giudizio, il mancato ritrovamento dei corpi di Tatiana ed Elena cataloga il caso come “giallo”. E, proprio per questo motivo, continua a suscitare interesse e attenzione. Oltre a Leosini e Federica Sciarelli, che in “Chi l’ha visto?” si è occupata della vicenda di cronaca in diverse puntate, il 21 marzo 2020 al caso è stata dedicata l’ultima delle cinque puntate della miniserie “Delitti: famiglie criminali” su Crime+Investigation. E, adesso, il giallo di Gradoli fa tappa anche sul Nove, in “Bugie Criminali”, programma condotto da Giuseppe Rinaldi: appuntamento il 12 marzo alle 21,25.

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