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CIVITAVECCHIA – I disservizi idrici continui, ripetuti e non più accettabili per i residenti di Borgata Aurelia, rischiano di finire sui tavoli della Procura della Repubblica.
Gli stessi cittadini della “Città giardino” lo hanno infatti anticipato in due lettere inviate nei giorni scorsi ad Acea e a Palazzo del Pincio. Due reclami e segnalazioni, alla luce delle continue interruzioni del servizio idrico nella zona. L’ultimo problema segnalato, ad esempio, il fatto che da un po’ di tempo «durante la giornata, la pressione dell’acqua diminuisce - spiegano alcuni cittadini - e addirittura va via e dopo qualche minuto ritorna ma sempre con poca pressione. Il problema è stato segnalato ad Acea che ha preso visione, senza però alcuna risposta». A questo punto i residenti del quartiere auspicano «una presa di coscienza da parte dell’azienda - si legge nel reclamo inviato - e un solerte intervento risolutivo affinché tali disservizi non si ripetano nuovamente. Diversamente saremo costretti a fare un esposto in Procura, chiedendo che sia esercitata l’azione penale nei confronti di tutti coloro che saranno ritenuti responsabili del disservizio idrico». Nella segnalazione si evidenziano «ripetute interruzioni del flusso idrico, che va da 2 a 4 giorni al mese, per poi passare nel periodo estivo - spiegano - anche a 7 giorni al mese con un calo drastico della pressione dell’acqua in serata». Viene quindi giudicato «inammissibile che un disservizio di così grave impatto per la popolazione, inficiante per la comunità in modo particolare nei mesi caldi della stagione estiva - dicono ancora - avvenga senza un tempestivo preavviso da parte dell’azienda. In più di una occasione abbiamo segnalato la problematica presso i vostri uffici, ma l’azienda non ha mai fornito alcuna risposta in merito». Nella segnalazione viene quindi ricordato che «il servizio di erogazione idrica - hanno concluso - costituisce un servizio pubblico essenziale e la sua improvvisa quanto ingiustificata interruzione configura gli estremi del reato di cui all’art. 340 del codice penale».
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