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Sono quattro i giorni, da giovedì 2 novembre a domenica 5 novembre, che il sottosegretario alla Cultura, nonché il critico d’arte più famoso d’Italia, ha deciso di trascorrere sotto la Mole per visitare quanti più eventi possibili della art week, da Artissima a Flashback, a The Others e Apart, quasi come se qui avesse trovato la giusta dimensione in un momento così delicato della sua carriera politica che lo vede nell’occhio del ciclone per via delle “consulenze (d’arte) d’oro”. Una sorta di conflitto d’interessi, secondo la polemica scoppiata nei giorni scorsi.
Professore, nonostante la bufera, non ha rinunciato a venire a Torino.
«Ero a Roma nella bufera, la bufera di cui saranno investiti gli altri, li “sterminerò” dal primo all’ultimo, soprattutto quelli che non hanno avuto la dignità di un’amicizia...».
Lei sa chi è stato a tirare fuori i documenti delle sue consulenze?
«Sì, l’ho scoperto ieri, uno che si fingeva in coma mentre era agli arresti domiciliari...».
E a che punto è? Le consulenze non sono in regola?
«No, no: sono in regola. Ho parlato oggi con il presidente del Consiglio di Stato ed è esterrefatto. Questa misura era stata fatta per Berlusconi, per cifre di denaro altissime, cose che nulla riguardano le mie consulenze artistiche che non possono essere assolutamente in competizione con il mio ruolo. Che io sia il sottosegretario alla Cultura nulla c’entra con le mie lezioni su Caravaggio. È stata inviata una lettera anonima al ministro Sangiuliano, dopo che quella persona è entrata nei computer del Ministero. Ha inviato tutto a Sangiuliano che a sua volta lo ha inviato all’antitrust, senza manco interpellarmi».
Lo ha sentito?
«No, e non voglio. Voglio che mi chieda scusa: “Il delitto non può essere parlare di Caravaggio, caro Sangiuliano, o di Giotto! Prova a parlarne tu”. Io vengo chiamato perché sono Sgarbi non perché sono il sottosegretario, tu vieni chiamato perché sei ministro. Quando l’ho invitato a teatro ad ascoltarmi parlare su Pasolini e Caravaggio pensavi lo facessi gratis? L’antitrust non indaga sulle conferenze ma sui crimini incompatibili con le nomine. A tutto ciò si è aggiunta l’inchiesta del Fatto Quotidiano che io chiamo l’Infetto Quotidiano. Hanno messo tutto insieme e hanno trasformato tutto in crimini».
Lei prima ha parlato di giornali “degni”. Cosa ne pensa dei contributi ai piccoli editori e del taglio dei fondi speciali a questi ultimi e non ai “giornaloni, ai big dell’editoria, come vuole il sottosegretario Barachini?
«La piccola editoria, come dimostra anche Torino dove questo giornale (TorinoCronaca, ndr) occupa uno spazio che la Stampa non occupa più, il piccolo è relativo alla dimensione nazionale non a quella locale. Bisogna verificare il dato di vendita e di penetrazione. In una piccola città il giornale locale vende più di Corriere o Repubblica, dipende. Bisogna capire “il conflitto di interesse di Barachini”, perché sceglie le grandi testate invece delle piccole, è un errore secondo me. Una piccola testata nel suo territorio non è piccola». Sgarbi, anche in questo caso, si dimostra uomo di coraggio. Oggi non è certamente facile per un creativo disinteressatamente prestato alla politica e al rilancio della cultura italiana da decenni come lui, schierarsi contro i potentati dell’informazione che vogliono soffocare il pluralismo di centinaia di giornali. Ed è tanto più difficile quando ti trovi sotto attacco. Ma Sgarbi non è certo uno che ha paura