CIVITAVECCHIA – All’interno della casa circondariale di Borgata Aurelia, a Civitavecchia, è stato inaugurato un laboratorio di panificazione che rappresenta molto più di un semplice progetto produttivo: è una vera possibilità di riscatto per 25 detenuti, assunti con regolare contratto della Federazione Nazionale Panificatori e impegnati sei giorni a settimana in turni di cinque ore e mezza per la produzione di pinse e pizze.

Un investimento importante, sia in termini economici – 600mila euro messi sul piatto dall’azienda GustoLab 360 solo per i macchinari – sia umani, con due anni e mezzo di lavoro e una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato che ha coinvolto istituzioni, amministrazione penitenziaria, Regione Lazio, Enaip. Alla base del progetto, ideato da Angelo Panini, c’è l’idea che il lavoro sia la leva più concreta per restituire dignità a chi ha sbagliato, superando il carcere come luogo di sola espiazione per farne anche un’opportunità di cambiamento.

Dopo sei mesi di formazione e un’attenta selezione curata dalla direzione del carcere, i detenuti hanno iniziato ufficialmente la produzione il 12 maggio scorso, raggiungendo oggi una media di oltre 2500 pezzi al giorno, con standard crescenti di qualità, riduzione degli scarti e un livello di professionalità che gli stessi formatori definiscono sorprendente. Il laboratorio, realizzato in un’area dell’istituto abbandonata da anni e riqualificata dallo Stato per l’occasione, è il primo passo di un progetto pilota che GustoLab intende esportare anche in altri penitenziari, a partire da un secondo impianto dedicato al senza glutine.

Per Panini, "integrazione e cambiamento” sono le parole chiave: i detenuti formati avranno la possibilità, una volta scontata la pena, di essere inseriti stabilmente negli stabilimenti di Roma e Tivoli dell’azienda, oppure avviati in altri contesti produttivi grazie alle competenze acquisite. Una visione che guarda lontano, verso l’estero, approfittando anche della logistica offerta da un porto come quello di Civitavecchia per esportare il prodotto in Spagna, Francia e magari, un domani, in America.

Ma la sfida è anche locale: come auspicato dall’ex direttore Patrizia Bravetti, tra i promotori del progetto, l’auspicio è che anche il territorio risponda, sostenendo e valorizzando un percorso che rende visibile l’articolo 27 della Costituzione, quello che richiama lo Stato e la collettività al dovere di offrire una seconda occasione. A ribadirlo, il presidente del tribunale di sorveglianza: «La recidiva zero non è un sogno, ma una possibilità concreta, se si parte dal lavoro». Per tutti, alla fine della mattinata, applausi e diplomi. 
Dietro le pinse impastate ogni giorno in carcere, c’è molto di più: c’è l’idea che la giustizia possa passare anche dalla fiducia.