di MASSIMILIANO GRASSO
CIVITAVECCHIA - «Se giri il mondo, Molinari è lì». Era uno degli slogan che hanno reso celebre la sambuca in tv. Era una pubblicità-verità: la bottiglia trasparente con l’inconfondibile marchio di famiglia la si trova veramente negli angoli più sperduti. Ma il mondo di Marcello Molinari era soprattutto la sua Civitavecchia, alla quale era attaccatissimo, come del resto tutta la famiglia.
Quarto di sei fratelli, Marcello prese le redini dell’azienda, insieme alla sorella Mafalda, poi divenuta senatrice, dopo la scomparsa del commendatore Angelo Molinari, che nel 1945, subito dopo la guerra, aveva creato la ‘‘Sambuca Extra Molinari’’, fondando sulle prime, poche bottiglie prodotte in modo pionieristico, quella che negli anni si è poi affermata a livello mondiale come ‘‘la’’ sambuca. Furono proprio Marcello e Mafalda, ai quali successivamente si aggiunse l’altro fratello Antonio ‘‘Tonino’’ a gestire gli anni del grande sviluppo industriale dell’azienda.
Il liquore all’anice divenne anche di moda nella Roma della «dolce vita», fino all’espansione sui mercati esteri, con la creazione di tre opifici industriali e una produzione in continua crescita, con 3 milioni di bottiglie vendute già nel 1971, 6 milioni nel 2001, fino a più di 7 milioni nel 2007.
Di fronte a questo successo, Marcello era rimasto comunque legatissimo alla città, dove viveva e dove era impegnato, sempre con la grande discrezione che lo distingueva, a fare del bene, ad aiutare chi era in difficoltà e si rivolgeva a lui, oltre che nello sport, la sua grande passione. Per tanti anni ha sostenuto, anche dall’interno, il Civitavecchia calcio. Coinvolto insieme al padre Angelo, amico dell’allora presidente, avvocato Attilio Bandiera, Molinari rimase anche nell’era di Giovannino Fattori. Poi, lasciò anche lui. Troppe cose, e persone, erano cambiate.
Lui stesso era cambiato, dopo la traumatica esperienza del sequestro. Fu uno dei primi, clamorosi casi con al centro l’anonima sarda, che non dovette faticare più di tanto, approfittando dell’estrema semplicità in cui viveva il re della sambuca. Grazie al tradimento di un vicino, che fece da basista, Molinari fu rapito nella sua casetta di campagna, alle porte di Civitavecchia, dove si divertiva a coltivare l’orto. La prigionia durò due lunghissimi mesi. Lo portarono sull’Appennino, tra le Marche e l’Umbria. Venne liberato da un blitz dei Carabinieri, guidati dal comandante Girone, di cui divenne grande amico. Poi, un altro grande dolore, la scomparsa della amatissima moglie Vittoria. Rimase solo con le quattro figlie Marina, Alessandra, Paola e Angela e stretto nel legame di sempre con la sorella Mafalda.