Annamaria Lupi

Riaffermata la contrarietà al deposito nazionale per lo stoccaggio di scorie radioattive nella Tuscia. E' quanto ribadito nel consiglio straordinario dedicato ma, in confronto a una dichiarazione analoga già espressa dal comune di Viterbo nel gennaio 2021, è stato compiuto un passo avanti su un percorso di maggiore concretezza.

La consigliera Luisa Ciambella di Per il Bene comune, prima firmataria della richiesta di convocazione dell'assise straordinaria, ha illustrato la bozza di un ordine del giorno che sta predisponendo e che sarà depositato nei prossimi consigli comunali per le determinazioni.

Un atto con cui si impegna il sindaco, quale rappresentante dell'ente, «a costituirsi nelle fasi della consultazione pubblica nell'ambito della procedura per la localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico negli eventuali ricorsi giurisdizionali e amministrativi». Inoltre a «costituirsi in giudizio con intervento adesivo al ricorso presentato da comitati e associazioni e a capire se ci sono altre situazioni da prendere in esame quali, ad esempio, l'aggiornamento delle cartografie del territorio regionale».

Impegni finalizzati a »superare il gap delle istituzioni che affermano la contrarietà al deposito ma poi è stato il territorio, con associazioni e comitati, ad attivarsi concretamente» ha stigmatizzato Ciambella.

Territorio che è stato rappresentato nella sala d'Ercole da esperti e rappresentanti dei quattro comitati che hanno presentato ricorso al Tar per l'accesso agli atti Sogin e capire i motivi che hanno portato a confermare come aree idonee tutti i 22 siti individuati della Tuscia. Un'assemblea con un convitato di pietra: la società, invitata, ha inviato una lettera al Comune giustificando la propria assenza con motivazioni tecniche.

Il deposito, in cui dovrebbero essere smaltiti 95mila metri cubi di materiale radioattivo, si sviluppa su 100 ettari destinati allo stoccaggio di scorie a bassa attività e su altri 50 per rifiuti ad alta attività.

Gli esperti hanno sollevato varie criticità, già espresse nelle osservazioni sottoposte a Sogin, che vanno dai rischi per la salute ai criteri adottati per l'individuazione dei siti, alla scelta di un impianto di superficie invece che in profondità, alla mancata valutazione delle caratteristiche socio-ambientali del territorio e comunque elaborate sulla scorta di cartografie risalenti a decenni fa. E senza tenere in considerazione, secondo quanto dichiarato da un ingegnere nucleare, eventuali possibili incidenti ai contenitori e quelli collegati alla movimentazione dei rifiuti radioattivi. Tra gli interventi quelli dei rappresentanti delle associazioni Confagricoltura e Coldiretti particolarmente sensibili alla questione, dato che i siti selezionati sono prevalentemente a vocazione agricola. A conclusione dei lavori la sindaca Chiara Frontini, riferendosi all'ordine del giorno, ha invitato i capigruppo a ragionare su un documento condiviso e incisivo. «La nostra provincia esprime troppi personalismi e non essendo il territorio in grado di parlare con una voce sola si rischia di soccombere». E ha terminato esortando «a ragionare in un'ottica di territorio. Facciamo sinergia, facciamo squadra».