ENRICO CIANCARINI
CIVITAVECCHIA – Carlo De Paolis nel suo bel volume Garibaldi a Civitavecchia. Nel centenario della morte dell’Eroe (1982) menziona che il 1 settembre 1879, mentre il Generale era ospite di Casa Cancellieri venne a fargli visita il capitano Dodero comandante della nave Sardegna che già l’aveva condotto in continente. La visita “risvegliò inaspettatamente nell’Eroe la nostalgia di Caprera” tanto che decise di partire all’istante. Il vapore della Compagnia Rubattino ritardò di tre ore la partenza e finalmente alle 18 Garibaldi con la famiglia lasciava il porto di Civitavecchia con rotta per l’isola di Caprera.
La Stampa il 2 settembre riportava che “si ignorano affatto i motivi di questa improvvisa determinazione”. Il Corriere della Sera del 4 settembre 1879 in un lungo e dettagliato articolo affrontava lo spinoso argomento citando i commenti di altri giornali:
La partenza di Garibaldi
“Tutti i giornali di Roma seguitano ad occuparsi dell’improvviso ritorno di Garibaldi a Caprera. Il Bersagliere ci reca i particolari seguenti:
Il generale Garibaldi non si trovava a Civitavecchia precisamente in un Eden di delizie. Venendo sul continente aveva tratto qualche giovamento dal mite, profumato aere dei colli Albani; ma quanto a Civitavecchia, dove si era recato perché Manlio e Clelia potessero fare i bagni, era tutto un altro paio di maniche. La casa troppo prossima alla ferrovia, il puzzo del carbon fossile, il caldo estremo della stagione, la polvere dello stradale sottostante, mille altre noie indefinibili, avevano prodotto in lui, così paziente, un gran senso di noia, e perciò non vedeva l’ora di recarsi altrove. […]
Ieri mattina arrivava nel porto di Civitavecchia la Sardegna, comandata da quel capitano G.B. Dodero, degna di servire al Barrili per una seconda edizione del personaggio più simpatico dei suoi racconti. Il macchinista della Sardegna, conosciuto dal generale, non si sentì di lasciare Civitavecchia senza andarlo a salutare. Anche lui tornò sul discorso del mare ch’era una bellezza e dell’opportunità di profittarne per il ritorno a Caprera.
Ma – disse il generale – come fare? È mezzogiorno, e voi dovete partire alle tre; non è possibile.
Possibilissimo, Generale!
Ma la posta?
Per una volta tanto, si cercherà il permesso e la posta ritarderà.
Ma, i passeggieri?
I passeggieri saranno lietissimi di fare al generale Garibaldi il sacrificio di qualche ora. Conta forse poco l’onore di viaggiare col generale Garibaldi?
Infatti, non c’è neppur bisogno di dirlo, queste difficoltà furono tutte superate e la partenza decisa. Alle 7 ½ il generale usciva in vettura dalla casa che abitava, e con la stessa vettura saliva sopra un barcone che si avvicinò alla Sardegna. Preso a braccia, fu trasportato sul vapore, dove salirono poscia la signora Francesca, Manlio, Clelia, Menotti, la figlioletta di Menotti e il maestro di nuoto di Manlio, che seguiterà così a dargli le sue lezioni a Caprera. Anche la vettura fu imbarcata”.
L’articolo proseguiva con altre righe tratte da altri giornali, ognuno dei quali forniva la sua spiegazione per l’improvvisa partenza dell’Eroe da Civitavecchia:
“Secondo il Movimento di Genova la vera causa della improvvisa partenza di Civitavecchia del generale Garibaldi, si fu un nuovo aggravarsi delle sue sofferenze.
Convinto oramai che in terra ferma non avrebbe trovato maggior conforto ai suoi dolori, preferì ritornare alla diletta Caprera, ove almeno può godere quella tranquillità di animo che non gli fu lascata mai dal suo arrivo sul continente.
Un altro giornale invece dice che la partenza viene attribuita al desiderio che aveva di recarsi in un soggiorno migliore e di evitare le difficoltà che potrebbero insorgere in seguito a nuove agitazioni per l’Italia irredenta”.
La Stampa del 5 settembre criticava questo affannarsi ed agitarsi degli altri giornali nell’immaginare chissà quali motivazioni nascoste dietro l’improvvisa partenza di Garibaldi da Civitavecchia: “intanto come al solito si fantastica per questa partenza, come si fantastica di tutte cose da certe menti che non vedono più in là della punta del naso; e chi ne dice una, chi ne dice un’altra”.
Nei caldi giorni di agosto la Riforma aveva parlato di un’indisposizione del generale a causa dei dolori artritici che lo tormentavano a causa della ferita guadagnata sull’Aspromonte nel 1862 che già aveva provato a mitigare con i bagni termali della Ficoncella nel 1875.
Il 10 settembre i giornali pubblicavano la notizia giunta da Caprera che la salute del generale Garibaldi migliorava sensibilmente grazie alla recuperata tranquillità. (La Stampa). Mentre il Corriere: “Certo è che, nell’isola, avrà tutta la calma, il riposo necessario ad attutire i suoi travagli”.
Il caldo, il puzzo del carbone, la polvere che saliva dalla strada, il rumore della vicina ferrovia (Palazzo Cancellieri sorgeva vicino l’attuale Commissariato), e “mille altre noie indefinibili” spinsero Garibaldi a “fuggire” da Civitavecchia dove con i figli Manlio e Clelia frequentava lo stabilimento balneare di proprietà dei Fratelli Bruzzesi, ardenti garibaldini e suoi fedeli amici.
Il Pirgo allora non era sottomesso alla rumorosa “movida” di oggi ma certamente la presenza dell’Eroe spingeva i frequentatori dei due bagni ad avvicinarlo e a cercare un contatto personale. Forse anche tali attenzioni “avevano prodotto in lui, così paziente, un gran senso di noia e perciò non vedeva l’ora di recarsi altrove”, meglio ancora nella sua amata Caprera.
Il 1 settembre 1879 Giuseppe Garibaldi salutava per l’ultima volta Civitavecchia, per lui in quell’anno mancato “eden di delizie”. Pochi anni dopo, il 2 giugno 1882 l’Eroe si spegneva.
La Città lo ricorderà con affetto consacrandogli nel 1890 il bel monumento di Filippo Matteini.