DON IVAN LETO*

Gesù parla del mistero del tempo. E dice che esso è completo. A differenza delle grandi sapienze del mondo e della filosofia per le quali il tempo è il terribile e indistinto mantello che avvolge ogni cosa, nella rivelazione e nella fede cristiana il tempo obbedisce alla sapienza di Dio che è provvidenza e misericordia. Con Giovanni Battista finisce il tempo della profezia e dell'attesa perché viene l'ora, il presente del regno di Dio.

L'arresto porterà Giovanni alla morte, ma più profondamente significa la consegna di tutta la storia, la fede, la profezia e la sapienza dell'antico Israele a Gesù Cristo, segno e presenza del regno di Dio in mezzo all'umanità. Gesù è il compimento dell'attesa. Gesù è il protagonista assoluto del Vangelo; ne è il contenuto e l'annunciatore. È appena giunta notizia dell'arresto di Giovanni, il profeta cugino di Gesù, "il più grande dei nati da donna". Giovanni verrà ucciso, decapitato su richiesta di una donna Erodiade e per la debolezza di un tetrarca. Anche per Giovanni si rinnova la sorte del 'profeta in patria' e precede Gesù anche nel martirio: stessi nemici, stesso destino.

Uscito di scena Giovanni, inizia il ministero pubblico di Gesù, proprio dalla Galilea, terra di tutte le genti e ponte fra Israele e il resto del mondo. Gesù, fin dall'inizio, non fa prediche morali, né offre spiegazioni filosofiche; egli chiama e invita alla conversione, al cambiamento di mente e di cuore, di occhi e di vita. Chi si "converte" e cambia la direzione dei propri passi, va dietro a Gesù. La fede cristiana è tutta qui, non innanzitutto una dottrina o una pratica, ma una relazione personale con Gesù, una sequela in risposta ad una chiamata. Dinanzi all'enormità del compito dei discepoli - la molta messe e tutti i pesci dell'oceano - e nonostante il loro piccolo numero, Gesù consegna loro la propria missione e li invia in tutto il mondo. Ciò che Gesù ha detto e fatto, gli apostoli continueranno a dire e a fare, perché la missione è unica, quella del Padre che manda il Figlio e quella del Figlio che manda i suoi a trasmetterla nel tempo e nello spazio. Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni. Il racconto di queste due chiamate è emblematico di ogni vocazione: inizia con Dio che viene incontro e termina con noi che andiamo dietro a lui. Al centro dei due movimenti c'è l'incontro, l'esperienza dell'amore di Dio che ci raggiunge nella nostra vita quotidiana, ordinaria, e la trasforma in una sorta di "nuova creazione" perché la sua parola - chiamandoci - torna a crearci. Ecco perché non importa assolutamente quel poco che si deve lasciare.

Don Ivan Leto

cattedrale

Diocesi Civitavecchia Tarquinia