CIVITAVECCHIA – Grande fu la festa l’8 giugno 1726 al convento dei frati cappuccini di san Felice da Cantalice, su per la strada vecchia per Tolfa. Messer Giulio Pazzaglia, assentista della flotta del Papa, protettore dell’umile convento civitavecchiese, di cui aveva finanziato generosamente i lavori di costruzione, aveva ricevuto dal Sacrista pontificio le reliquie di una martire sepolta nelle catacombe romane “con la facoltà di tenerle per sé, di donarle ad altri, di inviarle fuori dall’Urbe e di esporle alla pubblica venerazione dei fedeli in qualunque chiesa o oratorio”. Il corposanto fu da lui chiamato Costanza, in onore delle sue due sorelle.

Il Pazzaglia, l’uomo più ricco di Civitavecchia, aveva scelto di vivere francescanamente nel piccolo convento e aveva già stabilito quale fosse il luogo della sua sepoltura nella annessa chiesa di san Felice, dove ancora oggi la sua lapide tombale si custodisce proprio nella cappella dedicata a santa Costanza.

Sono così tre secoli che le reliquie di santa Costanza sono oggetto della devozione di generazioni di fedeli civitavecchiesi, soprattutto le donne hanno nutrito sempre una particolare affezione verso la giovane martire.

In un articolo apparso sul Diario di Roma del 6 maggio 1797 è riportata la notizia che il 28 aprile di quell’anno, giorno dedicato a santa Fermina, protettrice di Civitavecchia, nella Venerabile Chiesa della Morte ed Orazione veniva esposto il corposanto di Costanza che proprio quel giorno ritornava in città, dato che “rimaste consunte, e logore le vestimenta che lo coprivano, fu spedito in Roma colle solite cautele per essere rivestito nello scorso aprile”. L’anonimo cronista illustra così tale eccezionale avvenimento: “affinchè si onorassero insieme le due Martiri Protettrici S. Fermina al di dentro, S. Costanza al di fuori della Città”.

Nei decenni in cui le automobili ancora non esistevano o erano un mezzo di lusso, quando i civitavecchiesi volevano “scampagnare”, ad aprile si andava presso i prati dietro la chiesetta di san Francesco di Paola, a giugno si andava ai Cappuccini. Iginio Alunni, uno dei maggiori poeti dialettali civitavecchiesi, dedicò una poesia a tale bella e popolare usanza. Ne riportiamo alcuni versi:

Ar tempo ch’eravamo regazzini

e fino a giovenotti c’era usanza

de festeggià su pe’ li Cappuccini

la ricorrenza de Santa Costanza.

Drento la bella chiesa de li frati,

doppo sentita la Santa funzione,

uscimio pé sdrajasse su li prati.

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