DON IVAN LETO*

Il padrone della vigna di cui parla Gesù, al mattino, prende degli operai a soldo, poi esce più tardi e chiama altri operai e poi ancora nel pomeriggio, fino alla fine della giornata. Nei campi, al tempo di Gesù, non c’era l’illuminazione e dunque si poteva lavorare soltanto con il sole, fino al tramonto. Pertanto, i lavoratori che erano stati chiamati verso le cinque del pomeriggio, dovevano aver lavorato per mezz’ora, un’ora al massimo. Quegli operai lavoravano tutti per una causa comune, cioè la vigna, ma c’è una differenza tra coloro che erano stati chiamati a lavorare prima e coloro che avevano iniziato più tardi. I primi operai di questo passo del Vangelo si scandalizzano e non hanno capito il senso del loro lavoro, perché credono di essere nella vigna perché migliori degli altri, perché superiori, perché devono far contento il padrone. Ma Dio non segue questa logica commerciale, Dio non è consumismo, è amore incondizionato. Stare nella vigna ha valore soltanto se dal mattino fino alla sera quella è la mia gioia, non un’imposizione. La fine della giornata di cui parla il Vangelo, ormai è chiaro, è la metafora della vita; la ricompensa che ci attende al tramonto della nostra esistenza è la stessa per ciascuno di noi. Non esiste un paradiso di serie B da destinare a coloro che si sono aggiunti troppo tardi. Dunque, la ricompensa è uguale per tutti. Questa logica non deve angosciarci, non deve spingerci verso la tentazione di pensare di vivere un’ingiustizia; piuttosto dovrebbe rallegrarci perché il desiderio di un bravo lavoratore della vigna, di un bravo cristiano è che tutti si salvino. Spesso però, quando qualcuno ci passa avanti o prende il nostro posto, non siamo affatto contenti. La verità è che tutti lavoriamo nella stessa vigna. Ma dov’è questa vigna? La vigna è la strada che faccio per andare a lavoro, è l’ufficio in cui trascorro gran parte della giornata, è la mia famiglia. E non sta a noi decidere le tempistiche di questa vigna, è il padrone che comanda, non gli operai. Dunque, dobbiamo fare una scelta. Le ultime parole del Vangelo suonano come una minaccia: «Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Ancora una volta, Gesù conferma che il suo modo di ragionare non somiglia alle logiche umane.

È una vigna che ha bisogno di operai umili, che si mettano al servizio, che desiderino veramente il bene della vigna. Gesù non parla di manager, dirigenti, imprenditori, ma di umili operai che si fidino di Lui.

*Don Ivan Leto

Cattedrale Diocesi

di Civitavecchia-Tarquinia