GIAMPIERO ROMITI

Sono passati appena otto giorni dalla kermesse elettorale ed è ancora viva la discussione soprattutto sui flop più clamorosi che l’hanno caratterizzata. Inutile spendere parole vuote che servirebbero soltanto ad allungare un brodo tutt’altro che gustoso e allora subito in evidenza lo scarso entusiasmo degli elettori di casa nostra. I quali, pur consapevoli di avere a che fare con una prova importante, hanno preferito non sacrificare parte del proprio tempo libero domenicale per raggiungere i seggi, quindi affrontare i preliminari di rito (presentazione di documenti e altro), infine infilare le due schede nelle rispettive urne. E’ accaduto, difatti, che su 41.641 aventi diritto appena uno su due ha votato e alla fine la percentuale s’è fermata ad un magro 57,44%. Cosa significa ? Elementare: lo scollamento tra la classe politica e i cittadini se non è totale poco ci manca. Comunque quel che interessa altresì rilevare è la cocente delusione provata dai leghisti, che hanno totalizzato poco più del sette per cento: una miseria che a conti fatti potrebbe indurli a chiedere, anziché eliminarlo, il reddito di cittadinanza (sic !!!) Scherzi a parte, il dato che ha la pesantezza di un gancio fulminante alla mascella è che la Lega, per restare nella metafora pugilistica, è finita al tappeto: ecco la notizia delle notizie senza dubbio alcuno.

Perché ? Bè intanto per la semplice ragione che s’è presentata all’appuntamento in veste di favoritissima e addirittura incurante di piazzare ai nastri di partenza per la corsa al Senato un candidato civico e non un leghista ventiquattro carati. Scelta che, oltre a far pensare che tra la pur folta schiera dei suoi consiglieri comunali non ci fosse la figura ritenuta in grado di calamitare consensi (sai come sprizzeranno gioia da tutti i pori Marino, Pepe, Cacciapuoti, Giammusso !) , conferma in maniera inconfutabile la sottomissione al “serafinismo” ovvero alla corrente di pensiero che deve aver ormai travolto in lungo e largo pure la Lega. Che è stata rappresentata, per puntare a Palazzo Madama, dall’esponente del Polo Democratico Barbara La Rosa, la quale, al pari dei suoi più stretti colleghi Mecozzi, Magliani e il Primo Cittadino, del “serafinismo” è tra le punte di diamante maggiormente scintillanti. Il rumorosissimo tonfo della Lega si presta a non poche considerazioni.

Le più importanti ? Presto detto: (1) il potere economico non basta (l’oceanico attovagliamento, in una calda serata baciata da milioni di stelle, al porto turistico Riva di Traiano con a capotavola Durigon - che senza il ciclone “meloniano” lo scranno senatoriale lo avrebbe visto col binocolo - è servito esclusivamente a far apprezzare le prelibatezze culinarie dello chef); (2) il potere politico se è troppo stoppia: (A) assessorati à-gogo e financo la carica di vice sindaco: su tutti Vitali che ha in dote commercio e urbanistica e Magliani al quale è stato pure affidato l’ambiente; (B) l’Osservatorio Ambientale sotto l’egida di un altro “serafiniano” per la pelle quale Ivano Iacomelli; (C) l’establishment di Cpc for
temente sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda di cui sopra; (D) il capogruppo del Polo Democratico (la cui dimensione s’è ulteriormente dilatata con l’innesto del leghista pentito D’Amico) , Mirko Mecozzi, che con un insindacabile “modus operandus” (copyright esclusivamente suo !)) detta i tempi dell’intera maggioranza centrodestrorsa riguardo alle decisioni da prendere e da affrontare.

Allora, tutto chiaro ? Abbagliante. Epperò la sicuramente valida (e, perché no, preparata) La Rosa ha ottenuto un numero di consensi largamente al di sotto delle “lussuose” aspettative, non facendo tuttavia passare in cavalleria il particolare tanto inedito quanto eclatante: la Lega civitavecchiese, pur essendo un partito strutturato, ha di fatto interpretato il ruolo di gregaria di una lista (Polo Democratico) che, oltre i nostri confini, nessuno sa cosa sia: meditate convinti accoliti salviniani meditate !

Non finiscono però qui i bocconcini prelibati serviti su un piatto d’argento dalla consultazione di domenica scorsa. Su tutti lo straordinario successo di FdI che, paradossalmente, siede sugli scranni dell’opposizione nel massimo consesso cittadino. Merito esclusivo dell’irresistibile magnetismo di Giorgia Meloni ? Sicuro. Ma non può essere segregato nel dimenticatoio il gran lavoro prodotto e che continuano a produrre Frascarelli, Palombo, Grasso, Galizia (tanto per nominare i più rappresentativi di FdI non foss’altro per il ruolo che hanno acquisito e svolto grazie alla “spinta” del consenso popolare ): sono anche e soprattutto loro tra i protagonisti principali dell’eccezionale exploit, alla faccia di chi li ha cacciati senza tanti complimenti dalla coalizione vittoriosa tre anni or sono nelle amministrative. Fratelli d’Italia primo partito della città dunque e alle sue spalle s’è piazzato il Movimento 5 Stelle, che con il 19,02% al Senato e il 18,25% alla Camera ha evidenziato la freschezza e l’incisività della sua azione.

Infine il Pd al terzo posto, che non è un invito al sorriso e che non può né deve esimere Piero Alessi & C. dal “cimentarsi” in una seria riflessione.

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