LADISPOLI - Ci sarebbe un gesto disperato dietro l'abbattimento del portone di quell'abitazione a via Claudia, di qualche giorno fa, e finita con una denuncia per una donna di 50 anni.

IL FATTO.
Era pomeriggio quando la donna si è presentata con il muratore per buttare giù il portone blindato per poter rientrare in quella casa finita all'asta e acquistata da un'altra persona. Il muratore non è stato delicato. Ha demolito la porta principale aiutandosi con una mazza e dopo quasi tre ore è riuscito a sfasciarla. A lanciare l'allarme di quanto stava accadendo è stato il proprietario e così sul posto si sono subito portati i poliziotti del commissariato di via Vilnius che hanno denunciato la donna per violazione di domicilio e danni.

LA STORIA.

«Non sapevo cosa fare. Dove andare a dormire con le mie figlie», ha raccontato la 50enne. Un gesto disperato il suo, per non continuare a dormire nelle cantine o addirittura in spiaggia. Non ha un lavoro fisso, e come lei neanche sua figlia. Quella casa è l'unica cosa in loro possesso, almeno fino a poco tempo fa. Una storia nata circa 10 anni fa, quando il marito aveva deciso di vendere l'immobile di via Claudia perché in difficoltà col pagamento del mutuo. All'epoca dei fatti venne trovato un'acquirente che alla firma del compromesso (il contratto preliminare col quale il venditore e il compratore che si impegnano reciprocamente a stipulare un successivo e definitivo contratto di compravendita) aveva versato loro un anticipo, utilizzato dai proprietari dell'immobile per estinguere quel mutuo diventato ormai un fardello. Poi il ripensamento. La casa viene tolta dal mercato e gli acquirenti chiedono indietro la somma versata durante la stipula del compromesso. «Era stata offerta la restituzione dell'acconto - ha spiegato il legale della 50enne, l'avvocato Ugo Morelli - ma hanno detto no e si sono rivolti a un legale per avviare una causa civile per chiedere il risarcimento dei danni per non aver venduto la casa» con il giudice del tribunale che ha condannato il marito a restituire i soldi. Ma a quanto pare «il precedente avvocato - ha proseguito ancora Morelli - non si è appellato alla sentenza», con la famiglia che a quanto pare non avrebbe mai saputo dell'esistenza di quella condanna, nel frattempo diventata definitiva. Da qui la vendita all'asta. E anche qui il "mistero". Che l'abitazione fosse state messa all'asta, la famiglia non lo ha mai saputo. «Dove sono le notifiche?», ha detto l'avvocato. «La legge dice che se al momento della notifica non si trova il diretto interessato, si può lasciare la notifica a un vicino di casa, qualora questi accetti l'incarico. Addirittura si può lasciare al portiere del condominio, che all'epoca dei fatti era presente. Ma nessuno di loro, interpellati, ha mai ricevuto nulla». A quel punto le notifiche andrebbero depositate o alle Poste o al Comune, con il messo che «dovrebbe inviare una seconda raccomandata per avvisare dell'atto in giacenza». Ma anche in questo caso, la famiglia non avrebbe ricevuto alcun avviso. Ora si attende il 15 settembre, giorno in cui è stata fissata la prima udienza che riguarda l'opposizione di sfratto (effettuato comunque il 27 luglio scorso) e dove l'avvocato ha evidenziato le "anomalie" del caso. Una seconda udienza è invece fissata per il 7 ottobre. In questo caso il legale della famiglia ha chiesto la reintegrazione del possesso alla famiglia.

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