GIAMPIERO ROMITI

Affermare che la trasferta effettuata dal vice presidente della Regione Lazio, Daniele Leodori e dallì assessore Roberta Lombardi per presentare alla “Pucci” il Piano della Transizione Ecologica elaborato per Civitavecchia in collaborazione con fiori di esperti de La Sapienza, abbia avuto principalmente un sapore elottaralistico è forse esagerato, ma di sicuro non ha scatenato irrefrenabile entusiasmo. Coloro che si sono accomodati sulle poltrone dell’Aula non hanno certo schiacciato beati pisolini non reggendo al duro “impatto” con le trecento pagine del documento, ma neppure sgranato gli occhi o spalancato la bocca per la meraviglia. Gli esponenti di Civitavecchia Comune, tra gli esempi più lampanti, hanno sbuffato che “gli unici progetti concreti di cui si è parlato sono quelli da noi messi in campo ossia il parco offshore e Zephiro, che prevedono uno scalo marittimo ad emissioni zero” (Trcgiornale.it, 7 Giugno).

Come dire: se queste sono le novità escogitate dall’establishment regionale, alla già evidente rassegnazione si aggiungerà anche la disperazione. E ugual delusione l’han provata i rappresentanti di Cna e dei sindacati Cgil, Uil e Usb che si sarebbero aspettati dai due eccellenti esponenti della giunta zingarettiana ” un fermo “no” al biodigestore e alla parte che riguarda il gas naturale liquefatto” (ibidem).

Ma quali sono gli obiettivi principali da raggiungere entro il 2026 attraverso questo piano che ha destato perplessità anche da parte del sindaco Ernesto Tedesco e del presidente dell’Authority, Pino Musolino ? Principalmente le infrastrutture portuali per ospitare la filiera dell’eolico off shore, l’installazione di almeno 25MW di impianti fotovoltaici, la creazione di un hub per accumulo e distribuzione di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili e la produzione di 10.000t all’anno di idrogeno verde. “Tutto ciò perché – ha dichiarato Leodori – guardiamo ad un futuro sempre più sosteniibile. Con questo piano, nato grazie all’ascolto aperto alle osservazioni di tutti i soggetti coinvolti, diamo a Civitavecchia la chance di crescere e svilupparsi con una forte attenzione all’ambiente”(ibidem). Parole gonfie solo di enfasi? Mah.

Da rilevare tuttavia che non hanno provocato brividi al numero uno di Molo Vespucci, Musolino, il quale avrebbe preferito un maggiore coinvolgimento dell’Adsp nella stesura di un “materiale” così importante che in gran parte si occupa del porto. E come ricordato non s’è neppure spellato le mani il Primo Cittadino, che non ha potuto fare a meno di evidenziare la gigantesca contraddizione della Regione che da una parte si impegna a proporre temi che vanno nella direzione della sospiratissima transizione ecologica e dall’altra non esitano a dare il via libera ad un gasdotto che , sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d’onda dell’’assessore all’ambiente Manuel Magliani, “è propedeutico all’installazione del mastodontico biodigestore”.

E i dubbi di Tedesco riguardo all’efficienza del Piano presentato da Leodori e Lombardi si fanno ancor più assillanti in quanto “si ha netta l’impressione – ecco la sua sottolineatura in grassetto - che sia stato redatto da professori universitari che si basano su concetti teorici e poco specifici per la realtà del territorio”. Beh, non si può non essere d’accordo dalla prima all’ultima parola dell’avvocato.

Il punto, perciò, è e resta che i buoni propositi - impressi sulla carta o meglio sui 300 fogli, per rendere “Civitavecchia più sostenibile, più solidale e più competitiva” nel giro di quattro anni se tutto filerà liscio come l’olio (e se pure non cambierà il quadro politico della Pisana: non è difatti scontato che il Piano sia l’ideale financo per eventuali nuovi governanti) - non si integrano con l’oggi che non riesce assolutamente ad andare d’accordo con la salubrità ambientale.

E in attesa del 2026 che verrà, si dovranno fare i conti con il carbone tornato prepotentemente alla ribalta (sic !) a seguito del conflitto in Ucraina e che non smetterà di bruciare prima del 2035 (amnmesso che sia questa la scadenza). Ma non è tutto. Non fosse bastata la forzata “convivenza” con il poco amato combustibile fossile, è stato confezionato e infiocchettato con cura il cadeau del biodigestore che, tanto per essere chiari, non è pensabile che si tratti di un investimento di poco conto (finanziario) nel senso che campeggerà nel bel mezzo di Monna Felicità per chissà quanti anni. Pertanto la città e il territorio, semmai avranno l’opportunità di familiarizzare con impianti di energia rinnovabile (che verrebbero salutati festosamente), saranno nel contempo sempre popolati da servitù cui poco anzi niente interesserà di (pre)occuparsi della qualità dell’aria.

E per i cittadini vivere finalmente in un ambiente sano e pulito , come sancito dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e come sarebbe sacrosanto che avvenisse in questa città sottomessa ai poteri forti col cuore di latta da oltre settanta anni , è solo un’illusione.

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