CIVITAVECCHIA - Una storia di lacrime e di dolore, di accoglienza e di voglia di tornare a casa. Perché lì, in Ucraiana, Tanya ed i suoi figli Danya e Vladislao, di 16 e 13 anni, hanno lasciato tutto. E lì vogliono tornare, sperando nella pace.

In poco tempo sono stati costretti a lasciare la propria terra, i propri affetti, la casa, gli amici, la quotidianità, un marito ed un padre, rimasto in patria. Hanno provato a rimanere a Zytomyr, la città dove hanno vissuto da sempre, a 150 km da Kiev. Ma quando la situazione è precipitata, hanno accolto l’invito della nonna paterna, Alina, in Italia dal 2003 e a Civitavecchia da sette anni, dove vive con l’attuale marito.

«Li ho pregati perché non volevano venire via – ha spiegato Alina, con gli occhi colmi di lacrime - ho pregato per i bambini, per salvare loro, per portarli via da uno scenario spaventoso. Sentire le bombe che cadono vicine, i palazzi e la terra che tremano: è terribile. Tanya parla di notte, grida, perché è difficile lasciarsi alle spalle tutto questo».

Poche parole di italiano, ma gli sguardi lasciano intravedere tante cose. Ai ragazzi manca molto il padre, uno dei due figli che Alina ha lasciato in Ucraina circa vent’anni fa. E mancano gli amici, anche la scuola. Danya studia informatica, Vladislao adora il calcio.A Civitavecchia sono arrivati da circa dieci giorni. Tra un bombardamento e l’altro, l’8 marzo hanno raggiunto in auto insieme alla mamma la città di Leopoli, dove sono stati ospitati per una notte. Poi il giorno successivo sono saliti su un pullman, direzione Roma, dove sono arrivati il 12 marzo, dopo un lungo e stancante viaggio.

«Non pensavamo che la situazione potesse giungere a questo punto in così poco tempo – hanno raccontato – pensavamo si potesse trovare presto una soluzione. E invece le cose si sono aggravate». Alina continuava a dire ai suoi figli di mettere in salvo le due famiglie: una ha deciso di trovare rifugio in Polonia. Tanya ed i ragazzi invece si sono convinti e sono arrivati in Italia. Poche cose con loro. «Ma qui abbiamo trovato un’accoglienza come fossimo in famiglia – hanno spiegato – tutti meravigliosi. Ovunque andiamo troviamo sorrisi e mani tese. A partire da Don Cesare, il parroco dei salesiani, e dai ragazzi dell’oratorio, che ci hanno accolto a braccia aperte».

Danya e Vladislao, infatti, il pomeriggio lo trascorrono in cortile, dando qualche calcio al pallone, e perché no, anche ad un presente lontano e doloroso che giocando e divertendosi provano a mettere da parte. Madre e figlio più grande, inoltre, stanno frequentando un corso serale di italiano alla scuola media Flavioni. Pratiche burocratiche e sanitarie svolte, oggi sono a stretto contatto con istituzioni, enti, associazioni, protezione civile e tanti volontari che non si sono tirati indietro in questo momento.

«Qui stiamo bene e stiamo ricevendo grande affetto – hanno concluso – ma speriamo nella pace, per tornare presto a casa».

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