CIVITAVECCHIA - Dopo due giorni di fermo assoluto, che hanno paralizzato lo scalo, l'autotrasporto prova a rimettersi in marcia. Il caro carburante, lo hanno ribadito in questi giorni, è solo la punta dell'iceberg, ma ci sono tutta una serie di problemi rimasti senza risposta da troppo tempo. E così oggi l'autotrasporto è è pronto a tornare su strada, ma solo se la committenza è disposta ad adeguare le tariffe.
Ieri la situazione è stata piuttosto difficile nello scalo: lo scarico delle merci in container al Rtc, ad esempio, è stato di circa il 5-7% della sua capacità, il traghetto proveniente da Cagliari aveva a bordo solo 9 semi rimorchi rispetto ai 50 soliti. «Non è stato ostacolato l’imbarco sulla portarinfuse - ha spiegato Patrizio Loffarelli di Assotir - gli autotrasportatori hanno dimostrato responsabilità e rispetto; l’intenzione non era certo quella di creare danni, mandando i traffici in altri scali».

Ma l’attenzione la pretende il settore. La pretende quando chiede che fine abbiano fatto le promesse sui fondi per le Viacard, oppure quando chiede con urgenza - come fatto ieri - un incontro con l’assessore ai trasporti della Regione Mauro Alessandri «per arginare la protesta - ha spiegato Loffarelli - e trovare soluzioni a quanto sta accadendo». D’altronde il settore si è bloccato sia a Civitavecchia che a Gaeta, eppure dalla politica e dalle istituzioni non si sono registrati particolari interventi. A differenza di altre vertenze, anche recenti, ieri e lunedì nei piazzali del porto, tra i lavoratori e le imprese, non si sono visti esponenti politici o istituzionali, ad eccezione dell’Authority e delle forze dell’ordine. «I porti si sono fermati e nessuno sembra se ne sia accorto - ha concluso Loffarelli - abbiamo registrato una scarsa sensibilità da parte della politica tutta; e questo non è un buon segnale, anche se conferma l’autonomia e l’indipendenza dell’autotrasporto».