TARQUINIA - La tomba etrusca, intatta da 2.600 anni, scoperta a settembre nella necropoli di Tarquinia, non cessa di stupire i suoi studiosi. Nel sepolcro 'inviolato', ribattezzato “dell’Aryballos sospeso” - per la presenza di un unguentario ancora appeso alla parete - gli archeologi si sono soffermati su una "pisside", un cofanetto al cui interno sono stati individuati, attraverso delle 'radiografie', degli aghi antichissimi e probabilmente un rocchetto. Testimonianza, secondo gli archeologi, dell’identità di una delle due persone sepolte: una nobildonna ricamatrice. I particolari sono emersi nel corso della premiazione, da parte del presidente del Consiglio Regionale del Lazio Daniele Leodori, del team di ricercatori e archeologi autori della straordinaria scoperta. E questa  stata l'occasione anche per fare il punto sulla storia di questa tomba. “Il fatto eccezionale è che la tomba è integra – ha ribadito Alessandro Mandolesi, docente di Etruscologia e antichità italiche all'Università di Torino -. Il contenuto permette di datare il complesso tra il VII e i primi decenni del VI secolo a.C. Sono deposti al suo interno due personaggi: una donna inumata, morta tra i 35 e i 40 anni, e un uomo che sembra più giovane incinerato. Tra gli oggetti del corredo risalta proprio una pisside, una sorta di trousse moderna. Le radiografie svolte dall'Università La Sapienza di Roma hanno permesso di vedere il contenuto: la presenza di alcuni aghi da filatura”. “Poiché il pezzo era legato all'inumazione femminile possiamo immaginare il ruolo della donna – ha continuato lo studioso -: una nobildonna, ricamatrice di lussuosi tessuti, gli stessi che vengono raffigurati nella pittura funeraria di Tarquinia. Una scoperta straordinaria anche perché il cofanetto sembrerebbe ricavato da lamine decorate a sbalzo più antiche, un contenitore 'riciclato' – ha aggiunto Mandolesi -  forse della nonna arrivato in eredità a questa nobildonna che potrebbe essere stata deposta tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo avanti Cristo. E questo  è un unicum, un caso eccezionale che rende ancora più interessante questa tomba”. “E' un'importante sepoltura databile agli inizi del VI secolo avanti Cristo, straordinaria perché l'abbiamo ritrovata intanto integra, con tutte le sue suppellettili e gli oggetti di corredo – ha aggiunto Alfonsina Russo, soprintendente per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale. Pertinente a una defunta che ha come corredo una pisside in bronzo, all'interno della quale abbiamo rinvenuto degli oggetti straordinari: degli aghi in bronzo o in argento e un rocchetto che doveva contenere il prezioso filo. Una donna che ricamava, un aristocratica – ha spiegato - perché è sepolta vicino allo straordinario tumulo detto della Regina e sicuramente doveva far parte dello stesso gruppo familiare". "Gli scavi alla Doganaccia – ha ricordato Mandolesi - sono iniziati nel 2008. Siamo nel cuore della necropoli etrusca di Tarquinia, famosa nel mondo per le tombe dipinte. Abbiamo avviato le ricerche attorno ad un monumento straordinario che marcava il territorio: un grande tumulo principesco del VII secolo avanti Cristo che ha restituito durante gli scavi uno straordinario impianto di stile levantino-cipriota, inoltre sono emerse delle pitture, probabilmente le più antiche di Tarquinia, concepite per i vivi, non per i morti e questa è  una novità". (a.r.)