Come è cambiata la percezione degli italiani sulle priorità pubbliche, alla luce dell'esperienza del Covid e delle cronache di difficoltà quotidiana dell'assistenza sanitaria? In che misura le istituzioni sono pronte a tradurre in iniziative concrete la domanda di salute che arriva dai cittadini? E come assicurare alla filiera industriale delle Life Sciences - determinante per la crescita economica del Paese e la salute e la qualità di vita dei cittadini - l'humus istituzionale, legislativo, economico-finanziario necessario all'innovazione? Su questi temi si sono confrontati decisori ed esperti in occasione della sesta edizione dell''Inventing for Life Health Summit', anche quest'anno dedicato al tema 'Investing for Life: la Salute conta!', organizzato da Msd Italia oggi al Maxxi di Roma. Durante l'evento è stata presentata una ricerca Ipsos che mostra come, per gli italiani, la salute è una priorità su cui investire, più ancora di altre voci come il lavoro.

Secondo i dati della ricerca Ipsos 'Priorità e aspettative degli italiani per un nuovo Ssn', presentata dal presidente Nando Pagnoncelli, nel giro di 2 anni è aumentata dal 52% al 69% la quota di italiani che indicano salute e sanità come le priorità assolute su cui il Governo dovrebbe investire, davanti al lavoro e ai costi dell'energia. In particolare andrebbero privilegiati pronto soccorso, assistenza ospedaliera e prevenzione. Le incognite sull'intelligenza artificiale hanno forse contribuito a raffreddare gli entusiasmi per la trasformazione digitale, che viene comunque ritenuta utile dal 68% degli italiani (contro il 79% del 2021). Non solo. Dal sondaggio risulta che quasi 9 italiani su 10 ritengono che la sanità pubblica rappresenti una priorità strategica per il Paese e che sia necessario un aumento del suo finanziamento.

La crescita degli investimenti - è emerso dal dibattito - potrà contribuire anche a dare maggiore attenzione ai bisogni dei pazienti nel percorso diagnostico-assistenziale: più di 8 italiani su 10 sono convinti che i pazienti debbano essere attivamente coinvolti nei processi decisionali di cura, e il 67% giudica positivamente il ruolo svolto dalle associazioni a favore dei pazienti.