TARQUINIA - Parti civili ieri davanti alla Corte d’Assise di Roma, nell’ambito del processo per l’omicidio del professore di Tarquinia Dario Angeletti, docente di Ecologia marina all’Università della Tuscia, ucciso il 7 dicembre 2021 nel parcheggio delle Saline, all’interno della sua auto, una Volvo V 40, per mano del reo confesso Claudio Cesaris, oggi 70enne, ex tecnico di laboratorio all’Università di Pavia, che sparò due colpi di pistola alla nuca di Angeletti. 

A parlare ieri, nell’ordine, gli avvocati Rodolfo Bentivoglio e Massimiliano Zoli in rappresentanza dei famigliari di Dario (la vedova della vittima, i due figli e le sorelle); l'avvocato Paolo Pirani per il Comune di Tarquinia; l’avvocato Andrea Fedeli, in rappresentanza dell’Università della Tuscia; e infine l’avvocato Eliana Saporito in rappresentanza della ricercatrice quarantenne di Abbiategrasso. Gli avvocati della famiglia hanno fatto riferimento sia alla ricostruzione del fatto storico che si è verificato e che risultava dalla documentazione e dagli atti, sia della persona, chi era Dario sotto il profilo di marito, compagno, padre e fratello. «Come primo aspetto abbiamo ricostruito in modo certosino e capillare tutto l’accadimento e gli aspetti di natura giuridica che lo hanno caratterizzato in ambito di responsabilità dell’imputato - ha spiegato l’avvocato Bentivoglio -, poi quali parti civili costituite abbiamo avanzato la richiesta risarcitoria per i danni risarcibili che i famigliari hanno subito». In particolare i legali hanno insistito tutti sul discorso della premeditazione e del futile motivo, quali elementi sussistenti. L’avvocato Bentivoglio ha rimarcato che «si è trattato di un agguato sfociato poi in una crudele esecuzione nei confronti del povero professore».

L’avvocato Pirani, si è soffermato, poi, sulle motivazioni che hanno indotto il Comune di Tarquinia a costituirsi parte civile. L’avvocato ha rappresentato l’importanza del ruolo di Dario Angeletti per l’intera comunità scossa, «non solo per il grave ed efferato omicidio» ma anche per il fatto che «è stato spezzato anche sostanzialmente un connubio tra città di Tarquinia e chi dedicava - attraverso un’attività di ricerca nell’ambito della Biologia marina per conto dell’Università-, questo tipo di professione sul territorio di Tarquinia». Avendo il Comune la priorità della tutela dell’ambiente, «la morte del professor Angeletti, procurata da una mano terza, ha spezzato questo connubio e questo idillio territoriale che esisteva in merito all’attività di ricerca fatta sul territorio dal prof Angeletti. Connubio che non potrà mai passare ad un altro per testimone nella stessa maniera: arriverà un nuovo professore - ha spiegato l’avvocato Pirani - ma non sarà una persona di Tarquinia, non sarà legata al territorio e non sarà una persona che ama quel territorio quanto lo amava il professor Ageletti”. «Questo - ha detto il legale - è testimoniato e documentato». E’ stata infatti presentata documentazione al riguardo: non solo per quanto riguarda le pubblicazioni fatte dal professor Angeletti sulla località delle Saline, ma anche circa i convegni di cui il docente è stato relatore; convegni che erano stati proprio patrocinati dal Comune e realizzati all’interno della sala consiliare del Comune, a dimostrazione del fatto che nel corso degli anni sono state notevoli e numerose le attività che svolgeva il professore. L’avvocato Pirani ha anche fatto presente il danno ricevuto in quei giorni sul settore horeca: «Perché proprio nei giorni di ponte festivo, Tarquinia si è trasformata in centro preso d’assalto per i giornalisti giunti, non per le bellezze e le opere d’arte o per riempire i ristoranti e i bar, ma per una vicenda che ha inevitabilmente costretto la città anche al rinvio di manifestazioni, come l’inaugurazione del Natale tarquiniese programmato per l’8 dicembre». L’invito dell’avvocato Pirani alla Corte è stato quello di dare un giudizio «tenendo conto della gravità del fatto e tenendo conto anche di chi era l’imputato, anche con la modalità di come si è giunti a quell’omicidio: attraverso il prima, il durante e il dopo». L’avvocato ha invitato la Corte a valutare se si sia trattato di un atto che possa trovare giustificazione o meno. «Ovviamente - ha detto l’avvocato Pirani - secondo quello che è il buon senso, non può trovare alcuna giustificazione la modalità in cui è stato ucciso Agneletti che non conosceva il suo aggressore, ma il suo aggressore conosceva molto bene lui». Il legale ha quindi chiesto la condanna di Cesaris per tutti i reati che sono stati a lui ascritti e il riconoscimento del danno in favore del Comune, «ma sempre postumo a quello dei famigliari, le principali vittime di questa vicenda». «Il Comune di Tarquinia - ha spiegato l’avvocato Paolo Pirani - ci teneva ad essere vicino alla famiglia e a dare voce a chi ha dato tanto a questa città con la sua attività di ricerca».

A seguire è stato poi affrontato il profilo universitario di Angeletti per voce dell’avocato dell’Ateneo e infine la requisitoria della legale della ricercatrice Bellati, che ha speso poche parole dal punto di vista tecnico dell’omicidio ma molti argomenti invece sugli atti persecutori, esponendo e rappresentando le ragioni e le motivazioni per le quali l’atto persecutorio aveva generato timore e paura nella donna e per il quale sussiste il reato contestato specificatamente dalla Procura.

La prossima udienza è stata calendarizzata per il 19 aprile, quando verrà sentita la difesa dell’imputato; prevista anche una seconda udienza successiva, fissata al 10 maggio, per eventuali repliche e la sentenza.

Intanto resta ricoverato Claudio Cesaris, che da tempo ha registrato un peggioramento del suo stato di salute. Cesaris è difeso dagli avvocati Michele Passione del Foro di Firenze e Alessandro De Federicis del Foro di Roma

La gelosia nei confronti della giovane ricercatrice, che aveva stretto un’amicizia con il professor Angeletti, sarebbe stata la causa dell’omicidio che, secondo l’accusa, sarebbe stato premeditato in tutti i particolari. La pubblica accusa ritiene infatti che Cesaris abbia agito con premeditazione e che il movente sia da ricercare «nella mancata accettazione della fine della relazione con la donna...Si sviluppa una marcata gelosia nei confronti di Angeletti, vissuto come antagonista, e/o di vendetta nei confronti della ricercatrice”.

Claudio Cesaris, come si ricorderà, venne arrestato dai carabinieri poco ore dopo l’omicidio compiuto con una pistola che non è mai stata ritrovata. A novembre 2022, nella prima udienza, il pm titolare dell’indagine, Alessandro Gentile della Procura di Civitavecchia, dopo una breve requisitoria, confermò il castello accusatorio nei confronti di Cesaris, chiedendo 23 anni di condanna per il 69enne che per futili motivi e in modo premeditato aveva pianificato l’omicidio del presunto rivale in amore.

«L’accusa ritiene di aver pienamente provato la responsabilità dell’imputato – aveva detto il pm Alessandro Gentile in udienza - che si basa su prove materiali e logiche molto solide, tra cui il sistema di videosorveglianza sul parcheggio delle Saline di Tarquinia. L’imputato viene ripreso mentre scende dall’auto della vittima, si allontana e sale a bordo della sua. Nessuno salirà più sulla macchina di Angeletti fino al ritrovamento del cadavere. Gli accertamenti stub, eseguiti a 6 ore dal fatto, hanno fatto rinvenire particelle di polvere da sparo sulla parte superiore del corpo di Cesaris. Ed erano particelle compatibili”. “Inoltre - dice ancora Gentile - sono state ritrovate tracce ematiche all’interno della vettura dell’imputato che l’analisi biologica riconduce alla vittima. A ciò si aggiunga la confessione resa dall’imputato davanti al gip».