Un consulente finanziario viterbese è tra i quattro indagati finiti nel mirino della guardia di finanza di Treviso per un raggiro ai danni di un imprenditore agricolo padovano, in difficoltà finanziaria, al quale avevano promesso un guadagno di 2 milioni di euro a fronte di un investimento di 250 mila euro.

I quattro – un avvocato trevigiano, un agente di commercio bolzanino, due consulenti finanziari domiciliati in provincia di Roma e Viterbo – dovranno ora rispondere, in concorso, del reato di truffa aggravata dal danno di rilevante entità e, per il solo legale, dall’abuso di prestazione d’opera.

L’operazione della guardia di finanza di Treviso ha avuto il fine di tutelare l’economia da professionisti opachi, disposti a sfruttare le difficoltà finanziarie degli imprenditori pur di conseguire ingiusti guadagni, e di risarcire del danno patito la vittima della condotta truffaldina.

A far scattare le indagini la querela presentata dall’imprenditore agricolo padovano, il quale, al fine di risolvere le sue problematiche finanziarie, è stato indotto dal commerciante di bestiame altoatesino a rivolgersi all’avvocato trevigiano, esperto nel settore bancario e finanziario.
Quest’ultimo, dopo essersi guadagnato la fiducia dell’imprenditore, con la complicità dei due consulenti finanziari, lo ha indotto a emettere 5 assegni circolari da 50.000 euro ciascuno, che sarebbero serviti per realizzare un’operazione di finanza strutturata, riservata a pochi “eletti” e gestita da banche di primaria importanza, che avrebbe reso un guadagno di 2 milioni di euro.
Gli accertamenti bancari delle fiamme gialle hanno dimostrato che il legale trevigiano ha incassato gli assegni non per essere investiti sul mercato mobiliare, ma per essere, in parte, divisi con i suoi “collaboratori” e, per la parte residua, utilizzati per l’acquisto di una Porsche cabriolet e per l’emissione di ulteriori assegni circolari.

Il giudice per le indagini preliminari, grazie alle indagini svolte dal gruppo di Treviso sotto il coordinamento della locale procura, alla luce del grave quadro indiziario, ha disposto dunque il sequestro preventivo del profitto del reato, pari a 250 mila euro, cioè all’importo corrisposto dall’imprenditore padovano; provvedimento immediatamente eseguito dai finanzieri trevigiani, cautelando l’intera somma, rinvenuta prevalentemente sui conti correnti dell’avvocato con studio in provincia di Treviso.