«Noi non inquiniamo, non produciamo fumi né altro, non abbiamo nulla da farci perdonare, non compriamo il territorio. E non creiamo problemi alla salute di nessuno».

A sgomberare eventuali dubbi sulla sostenibilità ambientale della realizzanda piattaforma per il riciclo di rifiuti plastici ad Arlena di Castro, in località Banditaccia, è la società proponente l'impianto. La Med Sea Litter Italia, dopo il clamore mediatico e a seguito delle decisioni assunte dal consiglio provinciale e dall’assemblea dei sindaci della Tuscia, ha voluto incontrare la stampa per illustrare il progetto.

L’incontro, presso la sede della Federlazio, ha visto la presenza di Valeria Grani, amministratore unico della Srl, del consulente aziendale Salvatore Fazio e di Renzo Grani.

Il progetto prevede la costruzione di una piattaforma per trattare 60mila tonnellate annue di materiale plastico proveniente da mare, spiagge e fiumi, con annessa discarica da 800mila metri cubi divisa in quattro lotti da 200mila mc ognuno.

La volumetria complessiva di 800mila metri cubi, è stato spiegato, si traduce in 450mila tonnellate di scarti non riciclabili che saranno conferiti nell'invaso.

«Discarica che sarà a esclusivo servizio della piattaforma» tengono a rimarcare insieme al fatto che l'impianto tratterà «rifiuti di mare e spiagge, imballaggi e plastica provenienti dalla raccolta differenziata, rifiuti da pre-trattamenti di tipo meccanico smaltiti nel solo bacino della provincia di Viterbo».

A coloro che hanno sollevato il problema di un eccessivo transito di camion per il conferimento rifiuti presso la piattaforma, Fazio replica affermando che «saranno lavorate 167 tonnellate al giorno. Ogni camion trasporta 28 tonnellate, quindi si parla di un passaggio quotidiano di sei mezzi».

Per quanto concerne la percentuale di impurità derivante dalla frazione dell'umido «per legge possiamo prendere 10mila tonnellate, che corrispondono al solo compostaggio di Tuscania».

Il progetto Med Sea Italia è nato otto anni fa, tramite consultazioni con il Cnr e i maggiori professionisti italiani ed europei del settore, e «si inserisce in quello che Il Sole 24ore ha definito il fenomeno delle miniere urbane per il recupero di materie prime, di cui l’Italia è priva, con cui avviare cicli produttivi».

Il business della società consiste nella vendita dei granuli di plastica riciclata, ottenuti al termine del processo di lavorazione, che «potranno essere acquistati a basso costo dalle aziende di Tuscania, Sutri, Civita Castellana per le loro produzioni».

Tanto per dare un’idea del valore della plastica, Fazio riferisce che «giovedì la quotazione in Borsa è stata di 1700 euro a tonnellata«.

In merito all'ubicazione dell’impianto ad Arlena di Castro «la famiglia Grani, titolare della società, - aggiunge - intende investire le proprie risorse soltanto con il gradimento del consiglio comunale, unico ente titolato a gestire il proprio territorio, che si è espresso favorevolmente al progetto con due delibere».

Il focus si sposta quindi sulle compensazioni: «il Comune di Arlena riceverà 600mila euro l’anno di royalties per 25 anni, il passaggio da area agricola a industriale, la riscossione dell'Imu sui capannoni, 60 posti di lavoro oltre a due persone indicate dal Comune, pagate dalla società, per controllare l'ingresso dei rifiuti e la costruzione di un nuovo asilo».

Contro il progetto, che ha ricevuto il parere favorevole della direzione Ambiente della Regione, ha fatto muro però sia il consiglio provinciale sia l’assemblea dei sindaci sottoscrivendo martedì un ordine del giorno.

Nel documento, trasmesso nella stessa giornata alla Regione, si chiede di «annullare in autotutela la determina della direzione regionale Ambiente in cui si esprime pronuncia positiva con prescrizione di valutazione ambientale per consentire opportuni approfondimenti anche in merito alla viabilità provinciale di accesso all’area».

E qualora la richiesta non fosse accolta, nell'ordine del giorno si dà mandato al presidente della Provincia Alessandro Romoli di proporre, congiuntamente ai sindaci dei Comuni limitrofi interessati, ricorso al Tar.

In merito la Med Sea Italia è stata chiara, avendo investito in macchinari e strumentazioni, qualora il progetto venisse revocato "la società potrà agire nei confronti dei Comuni e della Provincia", chiamando tutti gli interessati a rispondere in solido.