Il tar del Lazio (con sentenza del 20 gennaio scorso) ha respinto il ricorso dell’Ance (l’Associazione nazionale costruttori edili) che aveva contestato l’estensione del vincolo apposto dalla Soprintendenza su 1.600 ettari, tra il Bullicame alle Masse di San Sisto, chiedendone una riduzione. Nessun pregiudizio per il Tar da parte della Soprintendenza che non ha leso gli scopi istituzionali dell’Ance. «Questa Soprintendenza - si legge nelle motivazioni presentate nel 2019 - ha voluto tutelare una porzione della campagna viterbese che conserva ancora un insieme particolarmente armonico di elementi agricoli e naturali, estendendosi dalle località Bullicame e Riello, poste immediatamente a ridosso delle mura urbiche, alle Masse di San Sisto». Sulla pronuncia del Tar è intervenuta l'associazione ecologista Gruppo d'Intervento Giuridico (GrIG) che ha espresso la propria forte soddisfazione.

«La sentenza tar Lazio, sez. IIQ, 20 gennaio 2023, n. 1066 - spiega il GriG - ha, infatti, respinto il ricorso dell’Ance locale dichiarandolo inammissibile per difetto di legittimazione attiva e, conseguentemente, confermando la legittimità del provvedimento di tutela ambientale e paesaggistica. Tale provvedimento – che ha incontrato anche la non sorprendente opposizione della Regione Lazio – riveste importanza fondamentale per cercare di governare con efficace salvaguardia dei valori ambientali/paesaggistici del territorio l’immane marèa di progetti di pura speculazione energetica che incombono e in parte sono già stati realizzati».Per il Grig «l’esempio dato dall’autentico far west della speculazione energetica nella Tuscia rende palese la necessità di un efficace esercizio delle competenze statali e regionali di tutela del paesaggio, che significa anche tutela dell’identità storico-culturale e dell’attrattiva turistica dei territori».

«Nella Tuscia - prosegue l’associazione ambientalista - secondo dati non aggiornati, siamo di fronte ad almeno ben 51 progetti di campi fotovoltaici presentati, in parte approvati e solo in minima parte respinti, ormai svariate decine i progetti di centrali eoliche presentati o già in esecuzione: complessivamente circa 7 mila ettari fra aree occupate da impianti realizzati negli ultimi vent’anni, impianti in corso di realizzazione e impianti in corso di istruttoria. Terreni talvolta affittati, altre volte espropriati per due soldi, talvolta nei demani civici. Centinaia e centinaia di ettari di terreni agricoli e boscati stravolti dalla speculazione energetica, senza che vi sia alcuna assicurazione sulla chiusura di almeno una centrale elettrica alimentata da fonti fossili.La realizzazione di questi progetti energetici snaturerebbe radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari della Tuscia con pesanti impatti sull’ambiente e sui contesti economico-sociali locali. Stupisce, infatti, l'assenza di alcuna seria e adeguata analisi preventiva sugli impatti negativi anche sul piano economico-sociale di decine di migliaia di ettari di paesaggio storico della Tuscia sulle attività turistiche».

L’associazione ricorda che la provincia di Viterbo negli ultimi anni è sempre stata ai vertici nazionali per il consumo del suolo per abitante: 1,91 metri quadri per residente rispetto alla media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80. Grig ricorda che «insieme ad altre realtà ambientaliste e culturali, si oppone da anni alla speculazione energetica nella Tuscia (e non solo) con azioni legali e di sensibilizzazione».

«Gli impianti produttivi di energia da fonte rinnovabile - sostiene il Gruppo d’intervento giuridico - andrebbero ubicati in aree già degradate, in zone industriali, nonché con l'utilizzo dei tetti e coperture di edifici già esistenti»