VITERBO - «Con la sentenza di ieri la Cassazione chiude il processo “mafia Viterbese” sancendo definitivamente che la mafia c’è anche a Viterbo….». Lo sottolinea Giacomo Barelli, avvocato e segretario provinciale di Azione candidato al consiglio regionale. «Una vicenda questa che ha sconvolto questa città dal momento in cui è nata fino alla sentenza definitiva e che personalmente ho sempre denunciato negli ormai noti interventi in consiglio comunale con il sostegno, allora , solo di pochissimi colleghi - prosegue Barelli - Il riconoscimento, passato in giudicato, dell’aggravante mafiosa per quei fatti ha un significato ancora più importante in una citta ed in una provincia come la nostra dove la politica sembra non interessarsi al fenomeno. Dai “ 4 delinquentelli” come li definì qualcuno nella precedente legislatura, all’assordante silenzio della politica attuale, la questione delle infiltrazioni mafiose nel nostro territorio non trova spazio nemmeno in campagna elettorale». Barelli osserva che «al di là delle solite passerelle nelle drammatiche ricorrenze delle stragi, fatte forse più per mettersi in pace con la coscienza che per vero trasporto, nessuna delle attuali forze politiche della Tuscia si azzarda a mettere al centro della dibattito la questione mafiosa E ciò è ancora più grave in un momento in cui a livello nazionale si mettono in discussione i più importanti strumenti di lotta alla criminalità (intercettazioni,41 bis etc….) , e nella nostra Provincia e in Regione sono arrivati e arriveranno un fiume di soldi del Pnrr e sono stati avviati i primi appalti».Per Giacomo Barelli «dire oggi con sentenza definitiva che per la prima volta dal dopoguerra la mafia si sia interessata al nostro territorio, alle politiche amministrative e non riconoscere il problema significa fare un danno a tutti i cittadini. Là politica, quella buona che non è di destra o di sinistra ,ha il dovere di spiegare e denunciare queste cose che ci sono e vanno combattute non può chiudere gli occhi».«La politica - prosegue il segretario provinciale di Azione - non si deve fermare alla delega alla magistratura della lotta alla mafia ma deve andare andare in fondo a queste vicende per capire se ciò possa accadere di nuovo ed interrogarsi sulle contro misure da prendere che non sono solo quelle investigative e giudiziarie. In sintesi ripartire anche sul nostro territorio dalla “questione morale”».©RIPRODUZIONE RISERVATA