Veronica Olivi

«Un racconto familiare, che sembra di ascoltare seduti attorno ad un caminetto. Uno spaccato autentico di vita». Così l’assessore di Viterbo Stefano Floris ha definito il libro “Un Volo d’Angeli Infinito”, scritto da Luigi Zucchi e a cura di Augusto Zucchi, ieri pomeriggio in occasione della presentazione del volume nella Sala Regia di Palazzo dei Priori. Accanto all’autore e al figlio, anche il prof. Antonio Riccio, antropologo culturale. Presenti in sala anche il presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa Massimo Mecarini e Lorenzo Celestini, Facchino e figlio di Nello Celestini, figura emblematica della storia del Trasporto di Santa Rosa.

Nel libro si parla delle vicende della famiglia Zucchi, intrecciate in maniera indissolubile con la guerra, la celebre Macchina ideata da Giuseppe Zucchi, le avventure dello “zio Balilla”, la sua prigionia prima a Civitavecchia e il successivo trasferimento in Algeria. «Nel 1967 la Macchina fu smontata e portata all’ex Chiesa della Pace – ha raccontato Luigi Zucchi – e durante l’inverno io e mio padre l’abbiamo restaurata con la cartapesta. Mi ricordo che la sera di Capodanno io, mio padre e mia madre stappammo la bottiglia in mezzo agli Angeli».

«Nel 1968 mio padre guidava la Macchina – ha proseguito – e quel giorno abbiamo detto ‘basta’ con i cavalieri, da oggi si chiameranno facchini. Ed oggi abbiamo il nostro Sodalizio».

Augusto Zucchi ha aggiunto: «La nostra famiglia ha avuto sempre un rapporto stretto, di vicinanza, padre-figlio. Abbiamo sempre ritagliato il nostro spazio e non è semplice trovare cinque generazioni che in qualche modo hanno collaborato per lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Nel titolo del libro c’è scritto ‘Infinito’ per indicare un lavoro partito da lontano e che sta ancora progredendo, sembra quasi un susseguirsi di esempi che non bisogna dare per scontato, ma imparare da chi ci ha preceduto. E Santa Rosa è l’esempio massimo di come si possono superare le difficoltà».

«Volo d’Angeli è stata una rivoluzione copernicana, uno spartiacque nel modo di concepire la Macchina – ha commentato il presidente del Sodalizio Mecarini – la Santa sopra non c’era mai stata e si è trattato di un’intuizione geniale. Ricordo che quando la vidi per la prima volta portata dai facchini è stata un’emozione indimenticabile, che nessuno mi potrà togliere dalla mente e dal cuore».

«Per me è stata la prima Macchina e come il primo amore non si può dimenticare – ha concluso Celestini – sono troppi i ricordi legati ad essa e anche ad un periodo difficile della storia della famiglia Zucchi e di Viterbo. Tutto questo è stata ‘Volo d’Angeli’».