di MATTEO CECCACCI



Era luglio 2018 quando il presidente della Csl Soccer Vitaliano Villotti decise di conferire il prestigioso incarico di direttore sportivo a Daniel D’Aponte. Mai scelta fu più azzeccata, un’ottima decisione, forse anche un po’ azzardata, ma nella vita molte volte si deve rischiare, perché è proprio quando si osa che poi si ottengono i migliori successi e traguardi. Successi e traguardi che la Csl Soccer ha raggiunto grazie ad un lavoro costante che gli ha permesso di raggiungere nel campionato di Promozione una salvezza diretta con tre giornate d’anticipo, di svolgere un buon percorso in Coppa Italia e di vivere tante belle emozioni durante la stagione. Tutto questo certamente grazie al lavoro certosino di uno dei migliori allenatori del litorale che porta il nome di Daniele Fracassa e del direttore sportivo Daniel D’Aponte. Perché il diesse non è una figura che sta all’interno di una società tanto per stare, ma un vero direttore sportivo è colui che gestisce i rapporti contrattuali fra società, calciatori e tecnici, la conduzione di trattative con altre società sportive, il trasferimento dei calciatori e la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento dei tecnici. Cose assolutamente non facili, ma D’Aponte, semplice ragazzo di ventidue anni, trovatosi catapultato in una realtà sconosciuta fino a poco meno di un anno fa, è riuscito a fare qualcosa di straordinario, tanto da ricevere durante l’anno consensi e complimenti dai vari personaggi di spicco delle altre realtà calcistiche locali e non solo.

Ieri sera, però, è accaduto qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato. Dopo la partita delle 17 giocata al Gagliardini contro la Polisportiva Monti Cimini persa 3-1, valevole per il recupero dell’ultima giornata di regular season, l’intera società si è recata in un noto ristorante di Santa Marinella. Fin qui nulla di strano, è una delle classiche cene post stagione che tutte le squadre di qualunque sport fanno, ripercorrendo tra risate ed ironia il tragitto svolto, le scene e i momenti più divertenti vissuti negli spogliatoi e sul campo. Atmosfera di festa che c’è stata, ma fino al momento del caffè, perché poi improvvisamente Daniel D’Aponte ha fermato tutti per prendere parola, annunciando qualcosa che nessuno avrebbe mai messo in conto o immaginato: le dimissioni, o per meglio dire la fine di un rapporto. Una valutazione assolutamente da rispettare, è ovvio che a poche ore dalla notizia non sono ancora molto chiari i motivi della scelta, ma certo è che se il più giovane direttore sportivo d’Italia ha deciso di staccare la spina con la Csl Soccer è perché dietro probabilmente ci sono progetti più grandi. Chissà.

Adesso però non ci si può che inchinare e fare i complimenti ad un ragazzo che alla sua prima esperienza ha dato tanto e fatto tantissimo, togliendo tempo agli affetti più cari e annullando addirittura un viaggio in America che avrebbe dovuto fare ad agosto, ma quando c’è di mezzo una passione, si sa, pur di inseguirla si rischia di commettere pazzie.

Oggi per Daniel D’Aponte è la fine di un anno straordinario, ma è l’inizio di una nuova era e di un futuro roseo che lo attende, quello che D’Aponte merita. Lui che in estate ha allestito una grande squadra, sempre presente al campo e alle partite, autore di un ottimo mercato di riparazione, acquistando prima Diakhoumpa soffiato al Torino, poi De Souza e infine Petrini. Spesso fuori Regione per raggiungere il caro amico Carlo Musa, diesse dell’Avellino oggi in serie C e molte altre volte fuori città per visionare centinaia di ragazzi. Lui che è stato sempre pronto a stigmatizzare quel che, a parer suo, sembrava sbagliato, pronto a sgridare e a punire chi andava fuori dalle righe, ma il primo a confortare i più giovani e i senatori nel momento del bisogno. Sempre diligente, ordinato, mai una parola fuori posto, mai un lamento, mai un confronto acceso in campo, perché Daniel D’Aponte ha saputo essere uomo e direttore sportivo a 360°, a tutto tondo. Si è fatto sentire, si è fatto rispettare, perché la favola che non parlasse mai sul campo è questo: è una favola; D’Aponte si faceva sentire eccome, ma lì dentro, con la porta chiusa, mai in pubblico, mai rovinando la sua immagine, perché D’Aponte ha saputo gestire sempre una cosa soprattutto: quello che rappresentava, per la città, per i tifosi e anche come esempio per i giocatori. Giù il cappello.