CIVITAVECCHIA - Una Chiesa orchestratrice di interessi e ricatti, ma anche l’impossibilità di conoscere la Verità. Sono questi i due temi cari a Leonardo Sciascia nel quale si muove la stesura di “Todo Modo” Uno scrittore (interpretato da un bravissimo Paolo Ferrari) capita in un hotel dove stanno per darsi convegno un gruppo di ministri, onorevoli e notabili della Dc isolana. Ufficialmente si ritrovano per compiere i periodici esercizi spirituali sanciti dalla norma gesuita. In realtà, l'incontro si rivela presto un verminaio di accordi sottobanco e altre nequizie, bruscamente interrotte da due misteriosi omicidi in sequenza. Figura centrale del racconto è l'ambiguo don Gaetano (i cui panni sono stati indossati da Giuseppe Pambieri), manovratore occulto e depositario di segreti inconfessabili. Farà anch'egli una brutta fine, malgrado le investigazioni del magistrato di turno. Ma chi sarà stato e perché? In questo testo che Pasolini definì “giallo metafisico ricco di riferimenti alle stragi democristiane” il pubblico del Traiano che domenica ha assistito alla prova generale prima del debutto a Roma ha molto apprezzato un copione destinato a bocche fini. Battute taglienti e sagaci degne del migliore Pinter hanno aperto, infatti, grandi riflessioni sulla storia politica degli ultimi anni. A soffrire, ma dopotutto era lontano dagli intenti di Sciascia, è la narrazione gialla che si conclude senza aver scoperto l’artefice materiale degli efferati delitti. E’ proprio Ferrari nella chiosa a fornire l’indicazione che nulla all’uomo è dato sapere. Meravigliose le scenografie e i costumi che vengono rivitalizzati da una regia ben posata la quale arricchisce i caratteri dei numerosi invitati alla convention religiosa. Uno spettacolo dunque che “andava visto” e che sicuramente riceverà grandi consensi nella tournèe nei maggiori teatri italiani.

Lu.Gue.