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LADISPOLI - La nuova provincia continua a far discutere anche dopo il voto in consiglio comunale. A parlare di «una vera e propria secessione non condivisa con le popolazioni interessate» è Ladispoli Attiva. Per il movimento politico di opposizione si tratta di «un progetto strampalato, privo di adeguate risorse finanziarie per garantire lo sviluppo del territorio e i servizi necessari» che non tiene conto delle «connessioni storico-culturali» e dei «legami sociali ed economici che da sempre uniscono i cittadini di Ladispoli a Roma, la Capitale italiana». E mentre si continua a criticare la decisione di non sottoporre tale decisione a referendum popolare, il gruppo politico punta i fari anche su un altro aspetto: quello relativo alla forza lavoro: «Si promettono 5mila nuovi posti di lavoro. Semplicemente ridicolo, considerando che il personale dell'intera Città Metropolitana di Roma conta attualmente 1344 unità. Anche la previsione di un Policlinico ignora che la competenza in materia sanitaria è in capo alle Regioni». Insomma, una proposta quella del progetto "Porta d'Italia" che «rifiutiamo radicalmente». Presa di posizione non condivisa dal primo cittadino ladispolano: «Avere dei dubbi è legittimo - scrive - ma motivare la contrarietà ad un progetto di questa portata affermando che sarà solo un altro inutile carrozzone pubblico, vuol dire non aver compreso a fondo le motivazioni che hanno animato l'istituzione della Provincia Porta d'Italia». Grando ha voluto precisare inoltre che «ridisegnare i confini politici» del territorio non vorrà dire allontanarsi «di certo fisicamente» da Roma, «alla quale resteremo saldamente legati per storia, tradizione e nei rapporti lavorativi»; anche se a causare la decisione di costituire un nuovo Ente è stato proprio il rapporto con Città Metropolitana: «Non siamo assolutamente soddìisfatti di quello che i nostri territori ricevono dalla Città Metropolitana in termini di risorse e di considerazione. Il nostro unico intento è quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini, investendo le risorse in maniera capillare per migliorare i servizi ad essi destinati, potenziare le infrastrutture e sviluppare l’economia locale, con ricadute positive anche in ottica occupazionale».
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