CIVITAVECCHIA – «Una difesa d'ufficio del sindaco Piendibene prevedibile, debole ed ipocrita da parte di Pd e Avs. Cari "compagni", un bel tacer non fu mai scritto». Torna sul “caso referendum” Fratelli d’Italia, dopo la difesa del primo cittadino da parte della maggioranza. 

«Marco Piendibene può promuovere il referendum come vuole, ma la legge sulla par condicio fatta nel 2000, quando il governo era di sinistra ed era guidato da Massimo D’Alema, vieta a Piendibene di usare il simbolo del Comune, perché, come ribadito anche dall’Agcom "La comunicazione istituzionale in periodo elettorale è disciplinata dall'art. 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28... Tale norma prevede che... è fatto divieto a tutte le Amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni". Quindi abbiamo chiesto e torniamo a chiedere al sindaco Piendibene – spiegano dal circolo cittadino - semplicemente di rispettare una legge che a suo tempo fu fortemente voluta dal suo stesso partito: le leggi dovrebbero essere da tutti rispettate, anche dai sindaci che sono esponenti del Pd ed anche quando si vota per dei referendum promossi dalla Cgil e sostenuti da una parte del Pd per abrogare leggi approvare dal Pd quando era al Governo».

Il partito respinge e rimanda al mittente le «deboli ed ipocrite argomentazioni usate da Pd e Avs, che, avvalorando in pieno la nostra censura, non entrano nel merito della questione da noi posta, cercando piuttosto – hanno aggiunto – di sviare la discussione per propinare la loro contraddittoria e vuota propaganda referendaria, tentando goffamente di delegittimare l'astensione nei confronti di referendum abrogativi, addirittura citando a sproposito l'art. 48 della Costituzione (quando per il referendum sarebbe più opportuno il richiamo all'art. 75 della Costituzione). Per sostenere questa assurdità Pd ed Avs equiparano i referendum sbrigativi alle elezioni che, invece, non a caso, non prevedono quorum. Ai compagni del PD e di Avs, che non riescono proprio ad accettare le regole della democrazia o, meglio, lo fanno a fasi alterne e secondo le convenienze, ribadiamo la piena legittimità democratica della astensione in occasione di referendum abrogativi, in quanto espressione di una chiara e netta posizione politica di contrarietà ai quesiti proposti: ma questo Pd ed Avs dovrebbero ricordarlo bene, perché le stesse sinistre, in precedenti competizioni referendarie, invitarono pubblicamente gli elettori ad astenersi per esprimere una radicale contrarietà ai quesiti proposti! Ci riferiamo, a titolo di esempio, ai referendum del 2003 sull'art. 18, quello del 2009 sulla legge elettorale, quello del 2016 sulle trivelle, ma potremmo citarne altri. L'astensione, per questi democratici ad intermittenza, sarebbe antidemocratica se proposta da Fratelli d'Italia nei confronti dei quesiti proposti dalla Cgil, ma giusta e democratica se proposta da esponenti di sinistra per contrastare referendum a loro poco graditi? Concludiamo informando Enrico Luciani ed il Pd di Civitavecchia che autorevoli loro compagni di Partito come Pina Picierno, Marianna Madia, Lorenzo Guerini e tanti altri hanno pubblicamente dichiarato che ai referendum dell'8 e 9 giugno si recheranno ai seggi ma non ritireranno 3 delle 5 schede dei referendum: dunque illustri esponenti nazionali del Pd imiteranno la tanto vituperata Giorgia Meloni e si asterranno su 3 quesiti che non condividono, per contribuire a non fare raggiungere il quorum. Dunque, come spesso accade – concludono - il Pd smentisce se stesso e conferma pienamente le nostre ragioni».