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«Viterbo è ora di uscire dalla logica amico - nemico». Lo afferma nella sua analisi politica Giacomo Barelli, già assessore e consigliere comunale, oggi coordinatore nazionale della Buona destra e membro dell'assemblea nazionale di Azione. Barelli interviene in un momento in cui la maggioranza della sindaca Chiara Frontini in Comune è a pezzi. «Al di là delle questioni contigenti riguardanti i singoli consiglieri, importanti ma frutto più che altro di questioni personali, la nostra città appare evidentemente ripiegata su stessa», irrompe Barelli.
«Inutile oggi - prosegue - dire che molti di noi lo avevano profetizzato. Necessario invece, come da tempo abbiamo cercato di dire, che, mettendo da parte simpatie e antipatie, si chiuda una perenne campagna elettorale, oggi acuita dalle inutili e imminenti elezioni provinciali dove non votano i cittadini, che tanto male sta facendo alla città. Si volti finalmente pagina dando vita a un nuovo corso con tutti quelli che hanno veramente a cuore Viterbo e che, soprattutto, abbiamo capacità e competenze da mettere in campo ponendo fine alla stagione della propaganda».
Per Barelli, con la nuova amministrazione nulla è cambiato rispetto al passato. «Il tempo - dice - non è infinito e la parabola dell'attuale amministrazione sembra ricalcare un film già visto da sinistra a destra negli anni passati, con promesse buone per attirare il consenso ma che si sciolgono come neve al sole a contatto con la realtà amministrativa e con i reali problemi di governo della città. Le questioni irrisolte sono sempre le stesse: rifiuti, strade, commercio, turismo. Ma soprattutto ciò che manca sono competenze e professionalità in amministratori troppe volte improvvisati e altre volte impegnati a fare della politica una professione».
«Tuttavia - prosegue Barelli - c'è un paradosso che più di ogni altro rende tale situazione ancora più drammatica e cioè che l'unica alternativa possibile sembra essere "tornare indietro", con una prospettiva politicamente "horror" da "a volte ritornano", del riaffacciarsi di personaggi che per anni hanno rappresentato il problema per Viterbo riducendola nelle attuali condizioni e che pertanto non potranno mai rappresentare la soluzione agli annosi problemi che hanno contribuito a creare. Inutile fare i nomi, tanto li conosciamo tutti».
Che fare dunque? «Che fare di fronte a tali e tanti fallimenti della politica locale di cui tutti siamo responsabili e avendo, in apparenza, esaurito le alternative? Cambiare paradigma - risponde Barelli - , abbandonando le logiche dell'amico - nemico e concentrandosi su ciò che è bene e ciò che non lo è per la città, su chi abbia le capacità e le competenze per cambiarla e su chi invece non ne abbia le qualità. Al di là delle simpatie o antipatie personali. Un cambio di paradigma oggi è reclamato o auspicato da molti in città. Non solo come strategia per affrontare l'emergenza, ma come criterio guida per uscire dalla crisi con un rinnovamento radicale che consenta non solo di "uscirne migliori" ma anche con una rigenerazione delle tante forze positive che da sempre ci sono in città. Un cambio di passo la cui prima mossa spetta all'amministrazione a cui i cittadini hanno affidato il governo della città ma che impegna tutti, nessuno escluso, attraverso un profondo cambiamento dei rapporti tra le forze politiche e civili della città, con nuove prospettive e finalità, da cui possano discendere scelte conseguenti per il bene della stessa, lontane da logiche elettorali. È necessario, in sintesi, prima che sia troppo tardi, che la politica provi ad aprire nuovi scenari e nuovi orizzonti uscendo da una logica amico - nemico per passare a una logica di progetto. Dobbiamo tutti porre fine all'idea che ci sia un nemico comune da combattere e che l'unità interna, l'adesione, finanche l'obbedienza al "capo" siano finalizzate proprio a non soccombere a questo nemico. Tutte le forze politiche devono, invece, in questa situazione di crisi della nostra città cercare quella coesione che può portare a raggiungere gli obiettivi collettivi e che sia in grado, in qualche modo, di lavorare a una visione e a un progetto di città che oggi sembra non esserci».
Barelli conclude: «Il dibattito pubblico a Viterbo negli ultimi anni ha privilegiato le narrazioni più facili da comunicare e da sentirsi raccontare, basate sull'assunto che noi siamo i buoni e là fuori c'è un cattivo da combattere. Oggi è venuto il momento di abbandonare, almeno per un po', questa ottica, a meno che il consenso non sia visto come un mezzo per realizzare una visione ma come un fine di per sé. In una campagna elettorale infinita».
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