TOLFA - Rigo, il brigante di Talamone che dal 1853 al 1863 fece razzie e commise i più efferati omicidi, passò alcuni anni nascosto a Tolfa sotto mentite spoglie. A ricordare questa figura storica del brigante Rigo (attorno al quale si è creato un fitto alone di mistero e di leggenda) è Simona Tidei, la quale spunta dalla curiosità ha cercato notizie e ha ascoltato le "enciclopedie viventi", ossia gli anziani.

"La mia curiosità non conosce limite - spiega Simona Tidei - ho fatto alcune ricerche e la mia mente viaggia comunque e cerca concretezze, non si ferma, e chiede e domanda a quelle enciclopedie viventi che la Treccani non basterebbe - mi stavo interessando alla storia di Rigo, il Brigante e ho visitato l’antro in cui soggiornava dopo le malefatte, ho sentito leggende tramandate dalla tradizione popolare, però non riuscivo ad accontentarmi. Di Rigo si narra che fosse assai cattivo e che fuori la sua grotta attaccata ad una catenella teneva una ragazza di Bieda (Blera) a cui faceva fare figli per poi darli in pasto al proprio cane: orrendo se fosse vero, infatti e’ solo una leggenda. In realtà Rigo ebbe un figlio, ma lui stesso lo uccise, perché non poteva avere legami di sangue. Aveva già una moglie, Ottavia, e due figli. Ho iniziato a pensare che Rigo non fosse Rigo, o meglio qualcuno che qui veniva chiamato così, ma il suo vero nome era "Enrico Stoppa, lo sparviere della Maremma, il brigante di Talamone" che dal 1853 al 1863 fece razzie e commise i più efferati omicidi. Enrico Stoppa aveva un nomignolo: Righetto e questo mi ha portato a pensare che lui e Rigo fossero la stessa persona, anche se qualcuno mi disse che vissero lui e il Vaccari in anni differenti, ma questa persona si è sbagliata: Vaccari non era il suo cognome, era sempre un nomignolo dato dal fatto che, quando lo Stoppa venne nei nostri territori facesse il vaccaro presso un amico di Santa Severa, in incognito con il nome di Giulio Lena, finito il lavoro tornava a rifugiarsi nella sua caverna. Si divideva tra il parco dell’Uccellina e i monti della Tolfa, fra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio. A Tolfa si nascose anche nell’ultimo periodo, prima di essere arrestato a Roma: nella capitale poi venne giudicato colpevole e, quindi, trasferito nel carcere di Firenze, dove trovò la morte in seguito al rifiuto del cibo e alla masturbazione, nonché alla Tisi, era il 1863. I collinari raccontano che ad avergli dato da mangiare furono i residenti di Tolfa, cioè coloro che avevano le campagne e di Rigo ricordano che, nonostante la sua pessima fama, teneva un comportamento decoroso. I residenti di Tolfa probabilmente erano all’oscuro di chi realmente fosse e di quali efferati crimini fosse stato artefice".