«Uccisioni di massa, fosse comuni, esodi forzati, pulizia etnica. Ecco cosa sono stati i massacri delle foibe avvenuti durante e subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale al confine tra l'Italia e l'ex Jugoslavia. Proprio mentre il resto del mondo tornava finalmente a riassaporare la libertà dopo anni di guerra e di dittatura nazifascista, in quell'angolo d'Europa che guarda ad est l'odio nazionalistico e la violenza continuavano a mietere vittime. Questa volta tutte italiane. Con e senza la divisa, alcune provenienti anche dalla Tuscia. Uccise barbaramente dalla follia di un altro regime autoritario che si stava facendo largo: quello comunista di Tito». Così il presidente della Provincia Alessandro Romoli, in occasione del Giorno del ricordo. «Sono stati migliaia gli italiani uccisi e gettati negli inghiottitoi carsici. Molti altri, invece, autoctoni dell'Istria, della Dalmazia e di Fiume, sono stati costretti a lasciare i luoghi dove erano nati e cresciuti per cercare di mettersi al riparo da un nuovo drammatico episodio di violenza etnica. Se però quanto successo non deve essere cancellato né dimenticato, la speranza è che l'orrore delle foibe possa fungere da esempio affinché si cerchi sempre di gettare acqua sui nazionalismi anziché benzina. È per questo motivo che non possiamo non guardare con estrema soddisfazione alle ottime relazioni internazionali che oggi l'Italia intrattiene con la Slovenia e la Croazia. Dove una volta si erigevano barriere e si contavano le vittime, oggi vige la libera circolazione di persone e vive il nostro comune sogno europeo. Fatto di pace - conclude Romoli - e di armonia tra i popoli».