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Scoperti due pescatori di frodo e sequestrati 200 chili di pescato nelle acque del lago di Vico. L’operazione è stata portata a termine dai carabinieri forestali Forestale di Caprarola, in collaborazione con i guardia parco della Riserva naturale regionale “Lago di Vico”, nell’ambito dei servizi finalizzati alla tutela del territorio comunale di Caprarola, località “Pantanello” – Lago di Vico.
Durante un servizio notturno, nella notte la notte tra domenica e lunedì, i militari hanno sorpreso in flagranza padre e figlio intenti alla cattura di ingenti quantitativi di pesce. Entrambi sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per aver prelevato in modo illegale circa 187 Kg di lavarello, meglio conosciuto come coregone, in violazione dell’art. 40 legge 154 del 28/07/2016 e dell’art. 544 bis del codice penale
Sono stati quindi sequestrati sia il pescato che la barca rinvenuta sul posto e le reti utilizzate per la pesca illegale occultate nel canneto ripariale.
Il materiale sequestrato è stato affidato alla Riserva naturale del lago di Vico, nella persona del direttore, Eugenio Monaco, e a disposizione dell’autorità giudiziaria.
La specie “coregone” è considerata prelibata e il pescato sarebbe stato destinato a scopo alimentare e somministrato in diversi ristoranti della zona privo di ogni certificazione di filiera e soprattutto di controllo sanitario, previsto dalla normativa vigente in materia. “Le acque del lago di Vico – ricordano dall’Arma - rientrano nel perimetro della rete Natura 2000, riconosciute sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale, sono ricomprese nel territorio della “Riserva naturale regionale del lago di Vico”.
Il bracconaggio ittico, fenomeno in aumento e praticato da soggetti senza scrupoli, rappresenta una delle criticità dell’area protetta e contribuisce, altresì, alla riduzione della biodiversità dell’ecosistema lacuale.
Gli autori di tali pratiche illecite salvo che il fatto costituisca più grave reato, incorrono nell'arresto da due mesi a due anni o all'ammenda da 2.000 a 12.000 euro. Inoltre, la norma violata prevede anche il risarcimento all’ente territoriale competente di una somma di 20 euro a capo pescato, somma che viene raddoppiata nel caso in cui il pescato risulti privo di vita, da utilizzare per il ristoro delle spese relative all’adozione delle misure di ripopolamento delle acque interne.