ALLUMIERE - Ad Allumiere se ne è andata un'altra grande donna, una grande lavoratrice instancabile e una grande allumierasca simbolo di quella generazione "gajarda e tosta" che ha fatto la storia di Allumiere. Nei giorni scorsi, infatti, si è spenta all'età di 96 anni la mitica Angelica, una donna simpatica, intelligente, energica ed eccezionale amata e benvoluta e la sua scomparsa non ha lasciato nessuno indifferente. Ieri pomeriggio nella chiesa dell'Assunta è stato celebrato il funerale e tante persone del paese hanno voluto porgerle l'estremo saluto. Era conosciuta da tutti ad Allumiere: la madre era Maria Vela che all'epoca faceva la sarta e, oltre a cucire i vestiti per il Palio, ha insegnato a molte donne a cucire e queste poi sono diventate sarte. L'Angelica è nata nel Palazzo Camerale il primo novembre del 1928, perché il padre Gesualdo Granella era il custode del palazzo della Reverenda Camera Apostolica e faceva l'orto dove ora c'è il piazzaletto del Cral: loro sono l'ultima famiglia che ha abitato al Camerale. Angelica ebbe il primo dolore quando perse suo fratello Luigi che aveva 23 anni. La sua passione era la terra che ha sempre lavorato; poi ha iniziato a fare il mercato il giovedì e tutte le mattine si metteva in piazza con il banchetto davanti alla fontana tonda nell'imbocco di via Nuova fino all'età di 87 anni. In paese la chiamavano tutti "l'Angè de Palluqueletta" perché era il soprannome del padre. Il marito era Gioacchino Pennesi (detto Franco) e lo conoscevano tutti, perché faceva in piazza il mulino della polveriera tra il Camerale e il palazzo Frezza e aveva costruito il modellino del santuario della Madonna delle Grazie, proprio quello che il sindaco Annibali ha donato al papa Giovanni Paolo II quando ha incoronato la sacra effige della Madonna delle grazie. Angelica ha avuto 4 figli: la più grande era Anna (scomparsa pochi giorni fa), Gesualdo, Maria e Simona; ha avuto 9 nipoti e 12 bis nipoti. Angelica era buona generosa ed adorava la sua famiglia, amava le cose semplici ed era schietta. È sempre stata attiva e si è distinta sempre. Amava il suo paese e raccontava spesso episodi del passato. Rammaricato il sindaco Luigi Landi, il quale a nome dell'amministrazione comunale e della comunità di Allumiere commenta: "La dipartita della nostra compaesana Angelica lascia un grande vuoto, come sempre accade in una comunità quando se ne vanno personaggi così fortemente rappresentativi. Per tutti noi resterà l’esempio che ci ha lasciato, quello una grande lavoratrice infaticabile, di una donna forte e gentile allo stesso tempo, profondamente legata al suo paese e alla sua terra. Provo un grande senso di gratitudine nei confronti di Angelica, e come sindaco di Allumiere mi sento di poter dire che mancherà tanto a tutti quanti gli allumieraschi". Addolorato anche l'assessore Simone Ceccarelli che scrive: "Il fatto che uscendo da casa non vedrò più Angelica (anzi, l’Angè) affacciata al balcone che mi saluta con il suo dolce sorriso mi sembra impossibile. Per me l’Angè, oltre ad essere la nonna di un mio amico fraterno, è stata un’istituzione di via Nuova. Posso dire che mi ha visto crescere e io, a mia volta, l’ho sempre considerata una nonna acquisita. “Le radici sono importanti” dice la suora ne “La grande bellezza” e con la fiammella dell’Angè che si è spenta, si fa un po’ più intensa la tenebra che avvolge questa inquietante modernità, spaventosamente sguarnita di identità e schemi etico-valoriali. La sua vita è stata testimonianza di un mondo tenace e fiero, popolare ma nobile allo stesso tempo. A noi l’eredità pesante di esserne all’altezza. Su tutto, voglio dire una cosa: le sarò sempre debitore per avermi insegnato a vedere e cogliere l’immensa ricchezza della frugalità". Il nipote, Mario Casu, per lei scrive nel dialetto allumieradvo che tanta amava l'Angè: "Mancheranno le battute che sapeve fà; mancherà La lumiera che sapive raccontà. Quando a la finestra ere contenta si pioviva e mo nun vede più na nuvola d'acqua che arriva. Ce lasce n'de na terra sempre meno genuina dove tutto sta a diventà plastighina e ogni giorno pezzo pe pezzo la magnàmo. E tu dicive co sto monno come famo tra m'po varemo a fa l'orto su la luna. Farae nasce pure lì, piantine una a una. Ciae nsegnato che lavoro paga sempre, che le cose nu le rube ma le compre. Resterà ndelebile r'bene ricevuto. Ner frattempo te ringrazio! e te saluto".

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