Dallo studio dell’Unitus secondo cui l’acqua nei Cimini ha minime concentrazioni di arsenico, bel al di sotto della soglia di attenzione alla richiesta di finanziare uno studio dell’università della Tuscia per mappare le risorse idriche regionali e valutare la possibilità di utilizzare l’acqua dei Monti Cimini.

Dopo il convegno di sabato scorso, il comitato Non ce la Beviamo ha fatto il punto sulle azioni che sta intraprendendo in questa direzione. A tal proposito ha scritto a Regione Lazio, ai Comuni della Tuscia ed all’Autorità di Bacino distrettuale. «Non esiste una mappatura in tutto il Lazio delle risorse idriche – dice Maurizio Biagiarelli del Comitato – e un monitoraggio attento del livello delle falde esistenti. Pertanto chiediamo all’autorità Distrettuale di Bacino dell’Appennino Centrale e alla Regione Lazio di elaborare e finanziare il progetto da realizzare in collaborazione con l’Università degli Studi della Tuscia che ha espresso la propria disponibilità. Nel contempo e fino alla soluzione della problematica - prosegue l’esponente del Comitato - ribadiamo anche la necessità di un contributo pubblico per sostenere le alte spese per la dearsenificazione che attualmente sono completamente a carico dei cittadini della Tuscia. Chiediamo infine alla Conferenza dei Sindaci dell’Ato 1 di Viterbo di deliberare in favore di queste richieste». Paola Celletti ha ricordato che «il problema della dearsenificazione - ha detto - che è una priorità, fino al 2018 era in qualche modo pagato e gestito dalla Regione Lazio, mentre ora è a carico degli utenti-cittadini che poi hanno le acque non potabili e si accollano 10 milioni di euro di costi non dovuti».

«Da anni denunciamo i rischi che l’arsenico ha per la salute umana – ha aggiunto Antonella Litta, referente per Viterbo dell’Isde Medici per l’ambiente – con ripercussioni sul livello di tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie. Urge abbassare sotto i limiti di legge subito i livelli di arsenico mediante il finanziamento dei dearsenificatori e le istituzioni devono agire per testare questa possibilità di fruizione di acqua dei Monti Cimini ben più potabile di quella da cui ci approvvigioniamo ora. Quindi occorre mettere mano al problema della dispersione delle acque che, nella Tuscia, deriva dalla vetustà delle reti. Tutti devono fare la loro parte per la salute pubblica e la salvaguardia dell’ambiente».