CIVITAVECCHIA - Mattinata di lavoro ieri al porto di Civitavecchia dove la macchina dei soccorsi si è attivata per lo sbarco di 156 naufraghi soccorso dalla nave Life Support di Emergency. Tra di loro due donne e 28 minori non accompagnati. Uno sbarco arrivato a poche ore da quello avvenuto nella notte tra venerdì e sabato della Aita Mari della ong Salvamento Maritimo Humanitario con 31 migranti a bordo. Due giorni in cui il personale sanitario non si è certo tirato indietro. I percorsi di accoglienza erano stati studiati da tutte le realtà istituzionali coinvolte e hanno visto il lato sanitario affidato alla Asl Roma 4 e alla Cri, con le Usca-r a fornire un supporto fondamentale.

Domenica sono stati ben 7 i medici (4 Usca-r, 1 pediatra, 1 medico Cri e 1 Asl) al lavoro per i controlli sanitari, successivi ai tamponi a bordo eseguiti dalla Usmaf, nelle tende riscaldate montate dalla Croce rossa italiana del territorio, presente sul posto. Come racconta il personale sanitario al lavoro i migranti stavano discretamente anche se recavano cicatrici, lesioni e tagli dovute alle violenze subite in Libia. Un naufrago del Bangladesh ha ricevuto cure per diversi tagli sulle braccia che, come ha raccontato, gli venivano fatti dalla criminalità libica per estorcergli denaro. Questa e altre storie hanno accompagnato il lavoro del personale sanitario al lavoro sul posto. In prima linea il direttore sanitario della Asl Roma 4 Simona Ursino, il direttore del polo ospedaliero Antonio Carbone e il responsabile Usca-r Mauro Mocci. A bordo non sono stati rilevati casi di Covid, i naufraghi sono quindi scesi diretti ai controlli sanitari. “Fortunatamente non ci sono state criticità – ha raccontato il dottor Mocci -, anche perché a bordo erano già stati stabilizzati dal personale di Emergency e non si è reso necessario alcuni ricovero al San Paolo che era in allerta. Il percorso era stato ben organizzato, i bambini stavano bene anche se ovviamente provati dal lungo viaggio e dalle temperature”. Molti di loro, infatti, recavano i segni dell'ipotermia ma grazie alle coperte termiche – metalline – e alle tende riscaldate si sono tutti ripresi. Ai naufraghi il personale della nave aveva fornito tute e scarpe e questo ha aiutato molto. Nelle tende sono stati eseguiti elettrocardiogrammi, a disposizione c'era anche un ecografo ma non è stato necessario utilizzarlo. Pruriti, dermatiti, mal di testa, segni di malattie pregresse, mal di denti e accenni di febbre: queste le sintomatologie più frequenti tra i 156 migranti visitati dal personale. Sono stati tutti medicati sul posto e, come detto, non si è reso necessario alcun trasferimento al San Paolo.

“È andato tutto bene – ha concluso Mocci -, erano quasi tutti in ipotermia ma la Croce rossa è ben attrezzata per questo, abbiamo ascoltato le loro storie perché alcuni parlavano in inglese o in francese, parecchi venivano dalla Libia dove erano stati dai 7 mesi ad 1 anno prima di partire, tanti recavano cicatrici e lesioni”.

Dopo il covid, ancora una volta, la sinergia tra porto, Asl e realtà assistenziali del territorio ha permesso di affrontare un'emergenza in pochi giorni, riuscendo a garantire assistenza sanitaria e accoglienza a persone distrutte da viaggi durati spesso anni e soltanto terminati a bordo di imbarcazioni di fortuna, una vita lasciata alle spalle ed è proprio lì che un “Welcome” urlato insieme ad un applauso è in grado di far sorridere chi ormai pensava di non poterlo più fare.

Fra. Bal.

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