Sulla città si sta per abbattere uno tsunami dal punto di vista di imprese e lavoratori, ma ben pochi sembrano averne consapevolezza e percepire la gravità della situazione.

Il fatto che da agosto ad oggi, in meno di due mesi di cui uno vacanziero, la vicepresidente della Regione Lazio Roberta Angelilli sia piombata già due volte a Civitavecchia per convocare Comune, Adsp, associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali, oltre alla stessa Enel, per discutere del phase out dal carbone e della situazione critica che si è determinata già da ieri con la cessazione degli effetti del decreto di massimizzazione dell’utilizzo delle centrali a carbone a causa della guerra in Ucraina, la dice lunga su quanto l’assessore allo Sviluppo economico di Rocca possa essere preoccupata per il quadro socio-economico del territorio.

Allo stesso modo, nei mesi scorsi era intervenuto l’onorevole Alessandro Battilocchio, primo firmatario della norma sulle iniziative per sostenere, riqualificare e tutelare il tessuto lavorativo in vista della chiusura definitiva delle centrali a carbone Enel di Civitavecchia e Brindisi, prevista per il 2025.

Il problema - e se ne sono già accorte le imprese che hanno ricevuto solo pochi giorni fa una scarna comunicazione da Enel, che determinerà il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato e un taglio agli accordi in essere per le manutenzioni e altre lavorazioni di Tvn quantificabile tra il 50 e il 90% degli importi delle commesse - è che gli effetti dell’uscita dal carbone si sentono già adesso.

Si parla (perché ufficialmente finora non c’è stata alcuna comunicazione) di una sessantina di trasferimenti in vista per il personale Enel e di oltre 100 esuberi nell’immediato per l’indotto, tra elettrici e metalmeccanici. In ambito portuale, i sindacati hanno già lanciato il grido di allarme per Minosse, ma il danno sarà molto più rilevante, coinvolgendo servizi tecnico-nautici, agenti marittimi, altre imprese, fino all’Adsp che subirà già il prossimo anno una diminuzione sostanziale di entrate correnti dal traffico del carbone, che per il bilancio dell’ente vale poco meno di un euro a tonnellata: si passerà dai 2,3 milioni di tonnellate del 2022 alla previsione di circa 1,7 milioni alla fine di quest’anno, finendo probabilmente a meno di 700.000 tonnellate nel 2024.

A luglio un primo allarme era stato lanciato al tavolo organizzato dalla Civitavecchia 2030 di Massimiliano Grasso (che tornerà all’Aula Pucci il 13 ottobre con una iniziativa il cui titolo è tutto un programma: “Impegni per lo sviluppo”, ndr), dove di fronte ad una situazione non certo rosea alle porte Unindustria e Federlazio avevano avanzato proposte e richiamato Regione, Comune e Adsp a farsi portavoce e promotori presso il Governo di una piattaforma che consentisse di trasformare i segnali di crisi in nuove opportunità di sviluppo, come già si sta facendo a Brindisi.

Ora Roberta Angelilli è tornata a Civitavecchia per suonare la sveglia in primis alla politica locale: al Pincio finora - come ha sottolineato già più volte Fratelli d’Italia - la questione dello sviluppo non ha trovato chi faccia una sintesi efficace svolgendo il ruolo che ha dovuto finora svolgere la Regione (con un cambio radicale di paradigma rispetto al passato). L’auspicio è che il sindaco Tedesco, finora troppo assente e silente su questioni così importanti, lasci stare i rimpasti e gli equilibrismi di sopravvivenza politica quotidiana e si dedichi a poche priorità di fine mandato. La città non può più perdere tempo.

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