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Un anno fa lo slogan era chiaro, diretto, rassicurante: “Io di Marco mi fido”. Oggi, a poco più di dodici mesi dall’insediamento, si moltiplicano – giorno dopo giorno – quelli che di Marco Piendibene non si fidano più. Nemmeno tra coloro che lo hanno sostenuto, votato, fatto vincere. L’ultima a dirlo, anzi a dimostrarlo con un gesto clamoroso, è Roberta Galletta, la divulgatrice dell'identità civitavecchiese, colei che ha letteralmente “regalato” il ballottaggio a Piendibene un anno fa, decidendo di sostenerlo invece di Massimiliano Grasso, contro ogni convenienza personale: se Grasso avesse vinto, Galletta sarebbe anche entrata in consiglio comunale. Invece no. Ha scelto “Marco”, per fiducia. Ma oggi, di quella fiducia, resta solo la polvere.
Galletta si dimette, sbatte la porta, restituisce le deleghe su patrimonio storico e tradizioni, e lancia un messaggio forte e chiaro: “Io di Marco non mi fido più”. A determinare la rottura, l’ennesimo tradimento silenzioso: il vincolo apposto dalla Soprintendenza sugli affreschi del Ventennio alle casermette, che secondo l’accordo con il fondo immobiliare dovrebbero essere rimossi per far spazio alla nuova sede della Asl, un’altra delle grandi “valorizzazioni” finanziarie fatte con soldi pubblici.
Secondo quanto trapela, Enzo D’Antò, il vero “sindaco ombra”, avrebbe già deciso: gli affreschi vanno spostati, magari a Roma, per non intralciare l’ennesimo progetto firmato fondo immobiliare. Perché il piano è chiaro: dopo Fiumaretta, prima ancora di Italcementi, la priorità è via Pecorelli, dove sorgerà la nuova sede della Asl e accanto alla quale il Comune ha già stanziato 300mila euro per sbarrare il parcheggio del Tribunale.
Il tutto mentre si è aperta la corsa alla nomina del nuovo dirigente dell’Urbanistica, dopo le uscite di scena di Marcelli e Marrani che hanno gettato la spugna di fronte agli atti da firmare per i progetti dell’advisor. Una figura chiave, che dovrà appunto firmare tutti gli atti necessari a far decollare le operazioni urbanistiche legate al fondo.
Prima di nominarlo, però, Palazzo del Pincio ha stanziato 30.000 euro per “una ricognizione” dei carichi di lavoro degli uffici, una mossa che appare più come un altro passaggio preparatorio per blindare le future scelte. Nel frattempo Piendibene assiste. Anzi, subisce. Gli assessori vanno per conto loro, la partecipata Csp affonda nei conti, le opposizioni lo attaccano, i commercianti mugugnano, le multe fioccano e la città sembra andare avanti per inerzia. Ma soprattutto, comanda qualcun altro.
Comanda D’Antò, con i suoi cinque consiglieri comunali, vera maggioranza dentro la maggioranza, capace di condizionare ogni scelta politica.
Comanda l’advisor, che da tecnico si è trasformato in motore urbanistico, ideatore progettuale, influencer istituzionale, con la benedizione silenziosa del sindaco e di chi gli sta intorno. Piendibene, oggi, all’interno, è in balia del sindaco aggiunto e dell’advisor.
All’esterno, ha bruciato in tempo record la fiducia di quegli elettori che lo avevano scelto per un cambiamento positivo, ed è ormai ostaggio della satira e delle denunce “sul campo” di Mario Benedetti: tra una video-inchiesta seria e un’imitazione pungente del primo cittadino, Benedetti sui social raccoglie migliaia di like e visualizzazioni, diventando un punto di riferimento per chi in città si sente dimenticato.
Il ritiro di Galletta è solo l’ultima spia rossa sul cruscotto, l’ultimo segnale di una rotta che va corretta, in attesa di capire cosa accadrà dentro al Pd tra una picconata e l’altra del segretario Luciani. Ma per correggere, serve prima capire chi guida davvero. Il sindaco è sempre più solo. E Civitavecchia sempre più nelle mani di altri.
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