CIVITAVECCHIA – «L’attacco aereo subito da Civitavecchia il 14 maggio pure nella sua gravità, non appare eccessivamente “pesante”, se paragonato a quello subito ieri. Se le vittime sono state meno numerose, perché dopo il primo bombardamento la città era stata quasi completamente sgombrata, i danni invece sono assai superiori». Il presidente della Società Storica Civitavecchiese Enrico Ciancarini riprende l’incipit dell’articolo pubblicato dal Corriere della Sera per raccontare il tragico bombardamento su Civitavecchia del 30 agosto 1943. «Una delle pagine più buie della nostra storia - ha ricordato - a pochi giorni dall’armistizio dell’8 settembre». Come riportato nell’articolo del Corriere, “nel giro di dodici ore Civitavecchia ha subito infatti due attacchi uno più violento dell’altro. Alle 11.15 giunsero massicce formazioni di quadrimotori americani, le quali, appena si fu diradato un poco l’annebbiamento compiuto dalla difesa - si legge - cominciarono a sganciare grosse bombe sulla parte meridionale della città. Crollavano la chiesa settecentesca dei Frati zoccolanti, palazzo Bruzzesi e la maggior parte degli edifici di quel quartiere. Terminato l’attacco, e mentre si cominciava a organizzare il salvataggio delle vittime, un maggiore pilota statunitense, disceso con il paracadute da un quadrimotore colpito dalla difesa, annunciava che l’attacco più grosso della giornata doveva ancora sopravvenire, e precisava che gli incursori sarebbero stati gli inglesi. Infatti alle 21.15 grosse formazioni di bombardieri britannici che durante il percorso avevano sorvolato la capitale, piombavano su Civitavecchia e fino alle 23 si avvicendavano in tre successive ondate, piombando a bassissima quota sulla città e cospargendola di bombe e di spezzoni incendiari, sicchè in breve l’abitato e le campagne circostanti furono rischiarati dai bagliori di innumerevoli fiamme». I bombardieri inglesi, come si legge ancora, presero di mira in modo particolare la zona settentrionale: crollò la scuola elementare di via XVI settembre venne bersagliato il penitenziario, che dopo l’attacco di maggio era stato in parte sgombrato. Diversi detenuti tentarono l’evasione; la maggior parte però si costituì il giorno successivo. Una ferita profonda, ancora viva a 80 anni di distanza.

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