ACQUAPENDENTE – “Umanità smarrita. Imperialismo rieditato, capitalismo cannibale, lavoro povero,” è il volume a cura di Ferdinando Terranova (Collana “Agorà” edita da “Bibliotheka Edizioni”) presentato nei giorni scorsi ad Acquapendente nell’ambito di una rassegna di iniziative culturali promossa dall’Amministrazione comunale.

Al suo interno, anche un contributo di Alessandro Mazzoli, già deputato della Repubblica, consigliere dell’ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando nonché presidente della Provincia di Viterbo, dal titolo “I diritti perduti. Dallo statuto dei diritti dei lavoratori al Jobs Act, alle politiche del lavoro della destra al potere”.

Lo scritto di Mazzoli propone una disamina delle riforme in materia di lavoro che parte dal secolo scorso e arriva ai giorni nostri. Se fino al 1970 è visibile e tangibile il percorso di affermazione dei diritti dei lavoratori, a partire dagli anni ’80 e poi ’90, l’avvento della flessibilità nel mondo produttivo, determina la progressiva erosione delle tutele conquistate. Ma la precarizzazione del lavoro non è stato un processo solo italiano. A livello globale la necessità di far fronte all’imprevedibilità del futuro, che prima era responsabilità primaria dell’impresa, è stata via via trasferita per intero sulle spalle dei lavoratori flessibili. È il singolo lavoratore flessibile e precario che non sa se lavorerà ancora tra qualche mese – scrive Mazzoli – a dover far fronte alla imprevedibilità del futuro». Semmai il problema il problema italiano diventa più complesso perché negli ultimi trent’anni il nostro paese risulta il solo in Europa in cui la media dei salari è scesa e non è aumentata (-2,9%).

Il ragionamento continua: «La precarietà che pervade la vita degli individui sottrae diritti, fiacca le energie, limita le sacrosante aspirazioni alla realizzazione delle persone, impoverisce la società e logora la democrazia”. E non solo: “Senza la redistribuzione equa delle risorse e delle opportunità non sarà possibile riprendere un cammino di crescita reale. Senza il riconoscimento pieno dei diritti fondamentali delle donne e degli uomini le disparità presenti già in grande quantità possono essere foriere soltanto di nuovi fallimenti e di nuovi conflitti».

Di fronte a questo quadro attuale, Mazzoli indica la strada da imboccare. «È necessario – sostiene – prevedere una misura strutturale di sostegno al reddito che assicuri un livello dignitoso di vita. Gli si dia il nome che si preferisce: Reddito di Inclusione, Reddito di Cittadinanza o quale altro. Il punto non sono i nomi ma la sostanza. Scelta che deve fare il paio con un sistema di ammortizzatori sociali di tipo universalistico, ovvero valido e applicabile a qualsiasi tipologia di contratto di lavoro confermando e implementando la riforma del gennaio 2022 avviata dal ministro Andrea Orlando».

Quindi, la remunerazione. «Se si vuole la flessibilità, un’ora di lavoro non può essere pagata 2, 3, 4, 5 euro perché in questi casi la parola giusta è sfruttamento. Non è davvero più rinviabile – aggiunge Mazzoli – una iniziativa legislativa che punti ad inserire nel nostro ordinamento il “salario minimo». L’Italia è il solo Paese europeo a non averlo.

Questa impostazione sul salario minimo rende necessaria una ulteriore norma che punta a definire la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di quelle datoriali. Inoltre, il tema previdenziale. «La flessibilità ha effetti e conseguenze su tutti gli ambiti del welfare. In seguito alla riforma Fornero – continua Mazzoli – restano aperti ancora diversi problemi: è necessario introdurre elementi di flessibilità che possono venire incontro ad esigenze diverse da parte delle lavoratrici e dei lavoratori; così come è ormai maturo il tempo per definire una garanzia per i giovani che rischiano di arrivare all’impossibilità di andare in pensione, o di andarci con pensioni da miseria nel momento in cui le loro, con ogni probabilità, sono e saranno carriere lavorative discontinue; infine è necessario tenere conto della differenza di gravosità che alcuni lavori implicano». Infine, un’analisi sulle politiche del Governo Meloni «che ha imboccato e persegue un’altra strada. La loro cultura politica è estranea a questa visione che tiene insieme crescita economica e solidarietà. In discussione – conclude – c’è esattamente il modello che è stato edificato negli ultimi decenni che non garantisce più pace, libertà, uguaglianza e opportunità».