DI LUCA GUERINI


Prova magistrale di Pino Quartullo e Jurij Ferrini che ieri sera hanno presentato nella veste rispettivamente di protagonista e regista il “Timone d’Atene”. Uno dei testi meno rappresentati di William Shakespeare è servito da “testo-pretesto” per sottolineare QUARTULLOla condizione attuale. Il ricco ateniese, infatti, potendosi permettere un certo agio, si allontana dalla realtà economica elargendo doni agli amici ed incoraggiando le arti. Sarà il fedele Flavio ad aprirgli gli occhi davanti ai creditori, Timone deciderà dunque di abbandonare tutto e rifugiarsi nudo (come un’ante litteram Orlando tassiano), nel bosco (da notare il legame con Lear) dove al contrario dell’altro nobile shakesperiano morirà di fame. Interessante la rilettura del regista che s’inserisce nella tradizione brechtiana e pone Timone al pari di un Cristo un po’ marxista con uno spiccato senso di condivisione. Un personaggio che rimane solo nel momento del bisogno, che sarà cercato nel momento del bisogno e poi abbandonato in punto di morte. Complimenti dunque a Pino Quartullo QUARTULLOper l’ottima interpretazione nelle differenti sfumature di questo difficile personaggio. Il regista riesce poi ad esprimere tutta l’attualità del testo grazie ad una rilettura mordace e sempre attenta, con il “fool” Apemanto che diventa una specie di no global che odia tutti e non crede in niente. Curati i costumi di scena che hanno ben differenziato i caratteri dei personaggi shakesperiani con alcuni divertenti sicari e creditori che interpretavano i versi del drammaturgo inglese nei diversi dialetti italiani.