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Carabinieri e polizia ieri mattina hanno dato esecuzione alle sentenze di condanna per la rapina alle poste di Canino.
E’ stato respinto, infatti, il ricorso in Cassazione per 6 dei 7 autori della rapina mentre per il settimo, Bruno Laezza, “il palo della banda”, è ancora in corso il processo con rito ordinario presso il tribunale di Viterbo. Gli ermellini hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati confermando così le condanne della Corte D’Appello, che aveva inflitto alla banda pene per complessivi 33 anni. E così, ieri mattina i carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale, quelli della Compagnia di Tuscania e la polizia stradale di Viterbo hanno dato corso congiuntamente ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria ormai divenuti definitivi. Si conclude così la storia giudiziaria della rapina che venne messa a segno il 28 novembre 2020.
Fu eseguita materialmente da Riccardo Carloni Modesti, mentre Bruno Laezza e Massimiliano Gallo lo aspettavano a bordo di un’autovettura.
I 3 vennero però fermati poco dopo da una pattuglia della polizia stradale sulla base della nota di ricerca data immediatamente dai carabinieri di Tuscania, che il giorno dopo perquisirono il direttore di banca Massimiliano Ciocia, su cui da subito si erano concentrati i sospetti dei militari.
Il direttore venne sorpreso con una parte del bottino, 30.000 euro in banconote sulle quasi 200.000 portate via. Il prosieguo delle indagini ha condotto poliziotti e carabinieri sulle tracce degli ideatori del colpo, ovvero Domenico Palermo, Christian Lanari e Daniele Casertano, questi ultimi due compaesani del Ciocia.
Nella mattina di giovedì il personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri che all’epoca dei fatti si occupò con successo delle indagini ha bussato a casa delle rispettive abitazioni di tutti i componenti della banda, con esclusione di Laezza, per cui il processo come detto è ancora in corso, e Gallo, già in carcere per altri reati, dando esecuzione al provvedimento emesso dall’ufficio Esecuzioni Penali della procura di Viterbo. I 5 sono stati quindi associati in carcere