Prezzi dei cereali sempre più bassi e anche nella Tuscia si rischia di andare in perdita.

Il grido d’allarme viene lanciato dal presidente di Confagricoltura, Remo Parenti.

«Il prezzo dei cereali continua a calare e in particolare quello del grano duro: come già da me denunciato poche settimane fa, noi agricoltori abbiamo sostenuto costi mai visti prima e ora temiamo che il nostro lavoro e i nostri investimenti non avranno remunerazione e anzi che si finirà per andare in perdita, soprattutto nelle campagne del centro-sud, Tuscia compresa», dice Parenti. Il presidente di Confagricoltura quantifica il calo.

«Un calo dei prezzi alla produzione - dice - che per il grano duro è di fatto già ben oltre il 40%, mentre i prezzi al consumatore di pasta ma anche di altri prodotti continuano a registrare aumenti o a rimanere stabili».

Da qui la richiesta di interventi rapidi.

« Servono immediatamente maggiori controlli alle dogane, reciprocità nelle regole di coltivazione agronomiche e sul lavoro per le produzioni importate, valorizzazione della qualità e del prodotto italiano, filiere che non possono essere considerate da qualcuno solo come un’opzione - dice Remo Parenti - Ricordo che nel 2010 nel viterbese si coltivavano 60.000 ettari di grano duro e che nel 2021 si era già passati a soli 20.000 ettari, alcuni dei quali probabilmente sono stati convertiti a noccioleto, molti altri semplicemente abbandonati e ora in parte convertiti alla produzione di energie rinnovabili». Il presidente di Confagricoltura osserva che su certi temi come «riscaldamento globale e sempre maggiori difficoltà a fare produzioni sia sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo, presenza di fauna selvatica ormai oltre il limite della sicurezza fisica per chi opera nelle campagne e portatrice di danni mai risarciti, mercati affatto liberi e certamente pilotati, prospettive di cibo sintetico nel futuro, ambientalisti che fanno di un’ottusa ideologia la loro bandiera, Unione Europea che decide di fare gardening invece di agricoltura tagliandoci risorse e regalandoci vincoli: se non si prenderanno rapidi provvedimenti, sarà inevitabile nei prossimi mesi un ulteriore abbandono dei campi coltivati a favore di quelli convertiti alla produzione di energia fotovoltaica o agri-fotovoltaica».

«Comincio a pensare - prosegue il presidente di Confagricoltura - che non sia nemmeno un caso tutto questo che sta accadendo, evidentemente le nostre terre fanno gola ai grandi investitori internazionali e con le buone o con le cattive ci vogliono fuori dai piedi. Pasolini disse che una volta morto l’ultimo agricoltore, sarebbe finita anche la storia e la cultura di un territorio e di un popolo; per la Tuscia tutto questo vorrebbe dire anche rinunciare ad una parte essenziale della sua economia, del suo paesaggio, della sua autonomia, delle sue irrinunciabili prospettive future».