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SANTA MARINELLA – “Con una sentenza impietosa nei confronti del nostro Comune, il Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso con cui la Porto Romano Srl si è opposta all’istanza di revoca della concessione”. Pochi mesi fa il Sindaco andava raccontando che il Comune sarebbe rientrato presto nella disponibilità del porto e si sospettava, visto l’accanimento con cui continua ad operare sulla dismissione dei beni comuni, che avesse in mente qualche altro imprenditore a cui affidarlo”. Questo il commento dei tre consiglieri comunali della Lista Civica Il Paese che Vorrei che attaccano il primo cittadino per essere stato troppo ottimista sulla conclusione della vicenda del porto turistico. “Ricordiamo tutti i sui annunci entusiastici – continuano Lorenzo Casella, Claudia Calistri e Francesco Fiorucci – ma la bocciatura del Tar condanna il nostro Comune, in quanto unico responsabile delle inadempienze, dell’inerzia e dell’imperizia che hanno portato all’attuale situazione di stallo per cui, dopo vent’anni, le opere concordate non sono state realizzate, mentre la gestione di un importante bene comune rimane in mani private nonostante la mancata attuazione del programma di investimenti. Questa disastrosa situazione evidenzia tutte le criticità derivanti da un atteggiamento irresponsabile e superficiale, tipico dell’attuale e delle precedenti maggioranze che hanno governato Santa Marinella. Queste, di fronte alla propria incapacità di gestire i servizi e il patrimonio comune, invece di impegnarsi per far maturare competenze, decidono di cedere risorse pubbliche agli imprenditori con l’idea che sappiano gestirle meglio o che siano disposti a investire denaro secondo i desideri dell’amministrazione di turno. Ipocritamente, fingono di non sapere che l’obiettivo principale di questi imprenditori è il massimo tornaconto personale, spesso raggiunto approfittando dell’incapacità dell’amministrazione pubblica nel far rispettare gli accordi e gli impegni presi, controlli che non vengono mai fatti, adempimenti mai tempestivi, vigilanza sul rispetto di impegni concordati e puntualmente disattesi. Per colpevole incapacità, quando non per complicità con i concessionari, questa cosiddetta classe dirigente si sottrae alla sua fondamentale responsabilità di tutela dell’interesse collettivo. Così, alcuni privati si impegnano, a parole, a realizzare opere in cambio di concessioni pluridecennali a condizioni di vantaggio e di fatto si impadroniscono dei beni senza mai ottemperare in pieno agli oneri a proprio carico”. “Questa prassi – proseguono Calistri, Fiorucci e Casella - produce un’ingiustizia sociale insopportabile per cui a pochi privilegiati viene concesso di sfruttare a proprio tornaconto il patrimonio di questa comunità. Sono questi i motivi conclamati che ci spingono a chiedere un’inversione di rotta. Basta con le dismissioni, basta con le regalie, basta con i privilegi elargiti a pochi a scapito di tutti gli altri cittadini. Per la prima volta nella storia del nostro comune, i cittadini avranno la possibilità di esprim
ersi in un referendum sulla privatizzazione di fatto del cimitero, della farmacia comunale, della spiaggia sottostante la passeggiata, dei parcheggi pubblici e dell’area dell’ex-fungo”. “Faremo il possibile – conclude il gruppo consiliare del Paese che Vorrei - per condividere con i nostri concittadini il principio, strumentalmente tralasciato da chi ci governa, che l’onere primario di una amministrazione è quello di offrire servizi e far funzionare al meglio i beni comuni perché questi costituiscono un patrimonio collettivo che può e deve rendere la nostra società più ricca, più efficiente, più attenta alle opportunità di uno sviluppo sostenibile. Dismettere il patrimonio pubblico e affidarlo all’imprenditoria privata, come accaduto con il porticciolo, equivale a tradire il proprio mandato politico e amministrativo e condannare la collettività a un impoverimento progressivo di risorse, competenze e opportunità economiche da cui, come il caso del porticciolo insegna, non è possibile tornare indietro”.