Aggressioni continue, sovraffollamento e carenza di personale. A Mammagialla la situazione è sempre più pesante.

Chiediamo il perché di una tale emergenza a Luca Floris del Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria. Un drammatico Sos il suo. E la brutta percezione di essere stati ormai lasciati soli

«L’istituto viterbese è totalmente fuori controllo. Al primo posto delle carenze c'è la dotazione del personale, scesa in modo costante e inesorabile rispetto alla pianta organica di riferimento. Tutti gli indicatori sono negativi. In più ci sono i fattori esterni che hanno provocato e provocano disastri. Sarebbe ipocrita non citare la sistematica gogna mediatica cui è stato sottoposto l’ istituto e il suo personale. Tutto il fango che ci è stato gettato addosso da certa stampa ha inasprito a dismisura l’ambiente e le reazioni. Noi lottiamo ogni giorno per salvare vite, per mantenere la sicurezza, per garantire i trattamenti e che cosa riceviamo in cambio? Che Mammagialla viene definita un lager e che noi siamo oggetto di disprezzo alla stregua di delinquenti qualsiasi! E questo mentre l’amministrazione non ha mai preso le difese del personale, che è completamente disamorato e demotivato».

Quali sono dunque le emergenze assolute cui porre mano per riportare un po’ di normalità nella casa circondariale viterbese?

«Gli organici sono solo falsamente al completo. I poliziotti in servizio dovrebbero essere circa 272, ma dal conto andrebbero scalati 34 agenti: quelli destinati alla medicina protetta di Belcolle e quelli impegnati nella gestione dei detenuti del 41bis. Bisognerebbe riempire questo buco... E poi mi faccia ripetere che bisognerebbe avere più rispetto per il ruolo dei poliziotti nelle sezioni. Oggi i detenuti restano impuniti per gesti a volte gravissimi. Chi aggredisce e denigra anche un solo agente, delegittima un intero sistema! Questo dovrebbe essere chiaro».

Come si sente oggi un agente di Mammagialla?

«La reazione generalizzata è quella di sentirsi completamente abbandonati. Fare il poliziotto penitenziario non è come essere impiegato in un ufficio. Significa essere in trincea e subire continuamente violenze, soprattutto morali, che comportano un carico di pressione spesso schiacciante. Mancano troppe volte fiducia e comprensione da parte di chi comanda e così si resta in balia degli eventi e diventa difficile mantenersi in salute, requisito indispensabile per tornare sani e salvi a casa la sera».

Voi chiedete incontri ai massimi livelli, fino al ministro. Che cosa succederebbe se non veniste ascoltati?

«Siamo pronti ad andare avanti a oltranza finché non si smuova qualcosa in grado di alleviare le gravi sofferenze della nostra categoria. Se non vuole rischiare un’implosione, l’amministrazione deve urgentemente correre ai ripari e cambiare registro. Siamo stanchi di essere trattati come criminali qualunque e bellamente scaricati da chi dovrebbe schierarsi al nostro fianco». Non resta che vedere quale sarà la risposta dell’ amministrazione. Perché la situazione è davvero incandescente e lasciar passare troppo tempo sarebbe fatale.

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