Uno sguardo sul mondo Il caso Peng Shuai e il modello Pechino
ETTORE SALADINI
Quando Peng Shuai era una giovane giocatrice di tennis della nazionale cinese, combatteva contro i ferrei dirigenti del comitato sportivo di Pechino per gestire autonomamente la sua carriera, riuscendo a battere il ferreo modello sportivo nazionale. Quando ha accusato uno degli uomini più potenti della Cina di molestie sessuali, la sua denuncia è stata insabbiata dal Governo e lei scomparsa dai radar.
Peng, due volte campionessa di Wimbledon e numero 1 al mondo, agli inizi di novembre, ha pubblicato su Weibo, il Social Media cinese sui cui domina il pugno di ferro cibernetico di Pechino, un lungo post in cui accusava Zhang Gaoli, ex vice-premier della Repubblica Popolare, di molestie sessuali. Il post è stato censurato dopo 34 minuti, i commenti sul suo account sono stati disabilitati, ogni ricerca su di lei rimossa e parole innocue come “tennis” censurate. I media di stato cinesi hanno tentato in ogni modo di dimostrare che Peng Shuai fosse sana e salva nonostante le strane dinamiche sorte dopo la sua denuncia. Al contrario, il malcontento internazionale cresceva sempre più. Invece che persuadere il mondo, la Cina è riuscita mettere in mostra il suo modello. Incapace di comunicare con un pubblico che non può controllare con la censura e la forza.
Nella confusione generale internazionale, Peng è apparsa prima unicamente sui media cinesi mentre posava con peluche, cenava in un ristorante di Pechino e si presentava a un torneo giovanile di tennis. Poi è arrivata la testimonianza per chiudere definitivamente il dibattito: una video chiamata con il Comitato Olimpico in cui ha dichiarato di stare bene e ha chiesto esplicitamente di mantenere la sua privacy. La tennista è diventata il più importante caso legato al movimento #MeToo in un paese dove le denunce sessuali sono sottoposte a una violenta censura, coadiuvata da un sistema giudiziario opaco e da un’ostilità politica e sociale.
Peng Shuai però non è una dissidente e neanche una normale cittadina cinese. Ma una delle più importanti atlete nazionali, orgoglio del governo fino a pochi giorni fa. E se c’era qualcuno in grado di rompere questa opacità e ipocrisia era proprio lei. Invece è diventato solo un altro esempio del modello repressivo cinese sopra la politica, la società e lo sport e anche una lezione per tutte le donne che oseranno sfidare pechino. È infatti sempre più alto il numero di donne nei media, nelle università e nel settore privato cinese che hanno denunciato molestie sessuali. Le autorità non accettano le denunce, che vengono periodicamente insabbiate, e le vittime in questione spariscono nell’indifferenza. Pechino è diventata estremamente abile nel monitorare i suoi 1,4 miliardi di abitanti. Ma, come dimostra il caso della tennista, influenzare e convincere il resto del mondo è una capacità che va oltre il potere della Repubblica Popolare.