CIVITAVECCHIA - È stato condannato a 30 anni di carcere Cosmin Zuica, il 34enne romeno accusato dell’omicidio della ex compagna, la 38enne Ana Candoi, uccisa il 12 luglio dello scorso anno all’interno del sottopassaggio ferroviario. Anzi, per lui il pubblico ministero Margherita Pinto ha chiesto che venisse riconosciuta anche la premeditazione: richiesta accolta dal giudice per le udienza preliminari Andrea Postiglione. Dunque, secondo l’accusa, Zuica già sapeva di voler uccidere la ex compagna, aveva intenzione di farlo e per questo aveva con sè il coltello con il quale, attorno alle 10.30 del mattino, l’ha sgozzata all’interno del sottopassaggio, sulle scale che conducono ai binari 2 e 3. Tanto che, nel corso della sua discussione, la stessa dottoressa Pinto ha messo in evidenza proprio questi aspetti, chiedendo per lui una pena pari a 30 anni di carcere. La difesa del romeno ha scelto il rito abbreviato (con la pena che viene quindi ridotta di un terzo ndr). L’avvocato Massimo Rao Camemi, infatti, ha deciso di procedere per questa via, anche alla luce della confessione di Zuica, avvenuta ad ottobre scorso, quando il legale del foro romano ha assunto la difesa dell’uomo. «In quell’occasione - ha spiegato - Zuica, distrutto dal dolore per quello che aveva commesso, ha raccontato tutto agli inquirenti, spiegando i motivi del folle gesto». Una confessione che, insieme alle immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso del sottopassaggio, ha convinto il giudice a condannare il 34enne. Anche ieri amttina in aula Zuica ha ribadito quanto già riferito agli inquirenti nel corso del suo interrogatorio. L’avrebbe uccisa per amore, stanco di un continuo tira e molla che l’avrebbe alla fine dilaniato e avrebbe fatto scattare in lui il raptus che l’ha portato a seguirla e sgozzarla. Avrebbe confermato di essere molto legato ad Ana e a suo figlio; proprio questo amore, unito all’insicurezza del legame che Ana aveva cercato di rompere, lo avrebbe tradito. Per questi motivi, alla luce della confessione e per il fatto che si stava parlando di un uomo incensurato, l’avvocato Rao Camemi aveva chiesto al giudice la concessione delle attenuanti generiche e, soprattutto, di far cadere la premeditazione di reato. «Perchè - ha spiegato - non aveva assolutamente preparato l’omicidio». E invece il giudice Postiglione, ascoltate le discussioni di accusa e difesa, dopo neanche un’ora di camera di consiglio, ha deciso di non concedere alcuna attenuante e di accusare l’uomo per omicidio premeditato, condannandolo a 30 anni di carcere.